Al Corsera racconta di un viaggio in Senegal in cui ha scoperto la semplicità e anche l’infinito pudore dell’artista

Sul Corriere della Sera la scrittrice Dacia Maraini racconta di un viaggio in Senegal del 1970 in cui lei e Alberto Moravia raggiunsero Pier Paolo Pasolini e Maria Callas.
Quello che trapela dalle sue risposte è un aspetto inedito e umano della Callas e del suo rapporto con Pasolini
La prima impressione su Maria Callas?
«Ho capito che non era la diva dei palcoscenici. Si è presentata in blue jeans, scarpe da ginnastica, capelli a coda di cavallo, senza trucco. Mi ha fatto simpatia subito. Si è adeguata a tutto».
Si sentiva libera?
«Forse. Era come una bambina spaventata, umile, intimidita da Pier Paolo, che considerava un maestro. Taceva, ascoltava. Era abituata a Onassis, uomo brusco, nei suoi racconti».
Cosa aveva trovato in Pier Paolo?
«Un essere gentile, rispettoso, che l’ascoltava e aveva con lei una tenerezza straordinaria. Era felice, innamorata e sorpresa della dolcezza di Pier Paolo».
Era ricambiata?
«Sul piano dell’affetto sì, ma non fisicamente. Una volta, per dormire, siamo finiti in una casa in cui si potevano affittare due semplici stanze senza bagno né nulla, con due letti ciascuna. Maria disse: “Io vado nella camera con Pier Paolo”. E lui: “No. Le donne con le donne e gli uomini con gli uomini”».
Avete condiviso la stanza?
«Sì, ma per svestirsi faceva acrobazie. Si vergognava. Ho detto: “Non preoccuparti, esco”. Uscendo, si era vicini alla foresta. Ho sentito un odore tremendo e ho visto una iena. Le iene puzzano perché mangiano i cadaveri. Poi ne è arrivata un’altra. Mi sono spaventata. Sono rientrata precipitosamente. Maria era già a letto. Mi parlò di Pier Paolo».
Cosa disse?
«Sperava di poterlo sposare. Io provavo a dirle che mi pareva difficile. Sapeva che era omosessuale, ma pensava di poterlo cambiare. Era dolcissima in questo sogno infantile. Nella vita era candida e ingenua».