Quella di Milano è una storia potente perché contiene, in simboli e vite di persone in carne ed ossa, la natura del conflitto in corso e quello di ogni aggressione
Lo sport, che di rado mostra la propria faccia politica e solo quando al suo meglio, si è rivelato a Milano, con l’astuzia inattesa con la quale facevano sentire la propria voce le divinità greche cantate dai grandi poeti. La schermitrice ucraina Kharlan si ritrova di fronte un’atleta russa, decide di scendere in pedana e non evitare lo scontro – come aveva invece deciso un suo connazionale, in precedenza. Vince, saluta porgendo la sciabola alla sconfitta, ma l’avversaria russa vuole stringerle la mano e in segno di protesta occupa la pedana fino alla squalifica della ucraina.
È una storia potente perché contiene, in simboli e vite di persone in carne ed ossa, la natura del conflitto in corso e quello di ogni aggressione, l’irriducibilità di quanto si è disposti a pagare per difendere un principio, la consueta stupidità delle istituzioni, la povertà di chi perde ma costringe l’avversario al buonismo con la solita violenza bonaria, la voce vigliacca di chi si trincera dietro la presunta universale neutralità dello sport, simile a quella di chi chiama pace la cessazione di ogni conflitto a qualunque condizione – come se la vita non prevedesse scontri, non prevedesse pene, non prevedesse idee e principi giusti ed ingiusti, come se non vi fossero tempi necessari a distinguerli, individuarli e infine viverli. Come se nella vita civile, nella storia dell’umanità non ci fosse chi vince e chi perde.
La Kharlan ci ha messo dentro la propria professione, la propria passione, ciò che sa fare. Ha sacrificato quanto poteva ed era molto. Al servizio di un simbolo, di chi non si sottrae, di chi segue la regola sul filo e poi non dimentica e, sul bordo, vira contro, all’ultimo centimetro. Ricorda al mondo che, come è stato nell’Europa degli anni quaranta del secolo scorso, ci sarà un processo, alla fine. E quella vittoria non prevederà appelli a comitati olimpici. Quella sarà la vittoria di chi ha resistito contro un invasore verso cui tutti hanno il dovere civico di ribellarsi – non contano le nazioni né le bandiere. Se ci sarà da rinnegare i padri, le patrie e le bandiere andrà fatto, senza sconti. Allora, conterà solo la libertà.