A Sportweek: «Fin da piccolo, anche con le spalle al muro, pensavo: “Non sono morto!”. Così diventavo sempre più maturo».

Su Sportweek, settimanale della Gazzetta dello Sport, un’intervista al portiere del Milan, Mike Maignan. Maignan parla pochissimo della sua vita privata, di cui è gelosissimo, ma accenna alla sua infanzia e parla anche del Milan. Al momento Maignan è in vacanza, racconta che trascorre parte delle ferie «in famiglia, spesso in località intorno al Mediterraneo», un’altra parte, invece, a Los Angeles «dove mi preparo fisicamente per la stagione seguente». La sua vacanza ideale è fatta di famiglia, sole, mare e tranquillità. Racconta che ama viaggiare per il mondo e scoprire luoghi inaspettati.
Maignan e lo stile, la moda:
«Il mio stile è versatile, non mi piace essere confinato in una categoria. Mi sento a mio agio sia con abbigliamento casual e streetstyle, che con un suit per partecipare a un evento. Non direi che la moda è la mia più grande passione, ma è qualcosa che mi affascina e a cui do importanza».
Collabora da poco con Missoni. Gli viene chiesto perché la casa di moda ha scelto proprio lui.
«Mi hanno spiegato che mi hanno scelto per il mio modo di essere e i miei valori e che non avrebbero in nessun modo cercato di modificare o pilotare il mio approccio alla collaborazione. Ed è per questo motivo che trovo questa collezione molto riuscita. Ho potuto prendere la matita, disegnare e suggerire idee e spunti. Abbiamo scambiato opinioni e dopo diversi mesi di lavoro siamo molto soddisfatti del risultato».
Maignan sulla nuova stagione del Milan: preoccupato o curioso?
«Mai preoccupato. Ci saranno nuove sfide, nuove prove, ed è proprio questo che amo».
Qual è la partita in cui ti sei sentito davvero magico?
«Ogni volta che entro in campo, è magico. Tutto lo stadio, tutto il popolo rossonero alle spalle, la magia si crea naturalmente. E poi, il contesto di alcune partite rende la cosa ancora più speciale. Penso a due partite in particolare. La scorsa stagione, quella giocata in casa contro la Fiorentina. Eravamo vicini allo scudetto, ma non l’avevamo ancora in pugno e quella gara si preannunciava difficile. I tifosi hanno scortato l’autobus, l’entusiasmo era incredibile, ho sentito tutto lo stadio spingere dietro di me, ci ha dato le ali, ci sentivamo invincibili. L’altra partita è stata l’andata contro il Napoli in questa stagione di Champions League. Si poteva sentire che il Milan è la Champions League e che San Siro vive per quei momenti».
Da bambino, cosa faceva sentire Maignan speciale?
«Sono sempre stato diverso, in anticipo rispetto alla mia generazione, e questo grazie alla mia mentalità, che mi dava un vantaggio sugli altri. Non ho mai seguito gli altri, ho sempre cercato di pensare con la mia testa. Fin da piccolo pensavo, anche con le spalle al muro o di fronte a difficoltà: “Non sono morto, non sono morto!”. Così, grazie a Dio, diventavo sempre più maturo».
Maignan non ha sempre voluto fare il portiere. Come ha già raccontato in passato, è nato come attaccante.
«Ho iniziato a giocare a calcio all’età di 6-7 anni. Ero attaccante o numero 10, non volevo andare in porta… Sono finito lì per caso. Così, da ragazzino mi alternavo tra il ruolo di portiere e quello di giocatore di campo. All’età di 12-13 anni mi fu offerta l’opportunità di sostenere dei test a Clairefontaine, l’accademia nazionale del calcio francese. L’allenatore che mi accompagnò al provino mi lanciò una sfida: “Se arrivi all’ultimo turno di selezione, resterai portiere”. Sfortunatamente o fortunatamente, è quello che è successo! All’epoca mi seguiva il Psg, e questo mi convinse a restare in porta. Ma ho mantenuto quel desiderio di giocare più avanti, di partecipare al gioco».
Se non fossi un fenomeno tra i pali, in quale ruolo ti piacerebbe giocare oggi?
«Attaccante, numero 9!».
Tre aggettivi per definire te stesso fuori dal campo?
«Meticoloso, protettivo e autoironico».
Tra i tuoi colleghi, chi ti piace in particolare? Maignan:
«Per i miei colleghi provo molto rispetto. In particolare per Manuel Neuer e per il contributo che ha apportato al nostro ruolo di portiere».
Sulla sua forte personalità:
«Per me è importante andare oltre la mia funzione, il mio ruolo non si limita alla mia area di rigore, parlo molto con i miei compagni di squadra per prevedere le mosse dell’avversario. Ho sempre avuto questa mentalità perché parto dal presupposto che sia benefica per la squadra. Se faccio una buona partita, ma la squadra perde, non sarò mai soddisfatto».
Maignan parla della sua infanzia:
«Ho avuto un’infanzia fantastica perché anche se non avevamo molto, mia madre ha sempre fatto tutto il possibile affinché non ci mancasse nulla. Ci ha educati bene. Inoltre, c’era anche “la strada”, che è stata parte integrante della mia giovinezza. Mi sono confrontato con molte esperienze e prove, che mi hanno plasmato e mi aiutano ancora oggi».
Com’è San Siro visto dalla porta?
«È come entrare in un’arena di gladiatori. Siamo galvanizzati dagli spettatori e pronti a combattere».