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Mazzamauro: «La Silvani ha segnato la mia carriera. La gente mi prega ancora: “dica che sono una merdaccia”»

A La Repubblica: «Ha segnato tutta la mia carriera. Ha incoraggiato tutte le donne atipiche ad essere convinte di fare innamorare un uomo».

Mazzamauro: «La Silvani ha segnato la mia carriera. La gente mi prega ancora: “dica che sono una merdaccia”»

La Repubblica intervista Anna Mazzamauro, la storica signorina Silvani dei film di Fantozzi. Ha  84 anni. In autunno
porterà la Silvani in giro per l’Italia con lo spettacolo “Come è ancora umano lei caro Fantozzi”.

«È anche un omaggio per l’unico uomo che mi abbia veramente amato».

La Mazzamauro prova a definire la signorina Silvani.

«Atipica. La signorina Silvani ha detto a tutte le donne atipiche: siate convinte di fare innamorare un uomo, le ha incoraggiate. Fantozzi la amava. La Silvani è la mia dannazione e la mia felicità».

Come nasce?

«È stata inventata da Villaggio in scrittura, con il “rosso-sesso” dei suoi vestiti. Ho sviluppato il personaggio pensando a come era vestita mia madre, una donna molto intelligente. La vedevo vestita in maniera strana – gonna, camicetta di seta e maglione sportivo. Portava le scarpe basse, nella borsa teneva quelle col tacco. Lavorava al ministero delle Finanze, la mattina guidava un esercito di ragazze. E si cambiava nella segreteria del ministro. Per la Silvani mi è venuta in mente la collanina rossa di mamma, i suoi orecchini, i tacchi».

Mazzamauro racconta di come la Silvani ha condizionato tutta la sua carriera.

«Ha segnato tutta la mia carriera. La odio e la amo… La possibilità di considerare le donne stronze esiste, ce ne sono, specie nel nostro ambiente. La Silvani per me è una sorta di sorella brutta, o la bella di cui io sono la sorella brutta. C’è una confusione di stati d’animo».

Com’era Paolo Villaggio?

«Ironico, uno splendido compagno di viaggio. Si preoccupava quando Salce girava le nostre scene: “Luciano, hai
ripreso bene Anna?”. Ma in tanti anni non siamo mai diventati amici. Mi spiegò: “Frequento solo attori ricchi e
famosi”. Oggi gli avrei detto: “Ma vaff…”, allora, rispettosa, ho taciuto».

Alla Mazzamauro dispiaceva.

«Sì, soffrivo di questa mancanza di amicizia. Sembravamo due attori della commedia dell’arte, inventavamo… Era bello. Che poi alla fine sbagliavo perché passare le giornate insieme è amicizia. Ma io la intendevo in altro modo. Lo vedevo frequentare Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi, forse soffrivo un po’ di invidia: perché loro sì e io no?».

All’inizio avrebbe dovuto interpretare la signora Pina.

«Quando Salce, con cui avevo già lavorato in teatro con Giorgio Albertazzi, tra le attrici bravine ma bruttarelle si ricordò di me, pensai: evvai, mi hanno chiamato ai fasti del cinema. E mi presentai cotonata, truccata, con le calze a rete. Aprì la porta: “Perdonami Anna, ma ti ricordavo più brutta”. Paolo risolse tutto, parlò con Luciano: “Guarda che è brutta”. Poi decise che dovevo fare l’oggetto del desiderio del ragioniere Ugo».

La Mazzamauro torna a parlare della Silvani:

«La gente mi chiede ancora: “La prego, mi dica che sono una merdaccia, grazie”. Meraviglioso. In fondo un attore è alla ricerca dell’amore. Mi siederei in platea con gli spettatori per vedere lo spettacolo. Ed è bellissimo che, non
avendo più venti anni, riesca a ad avere questo rapporto col pubblico».

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