A La Repubblica: «So cos’è la fame, la voglia di arrivare. Abitavo in un palazzo che odorava di sugo, la casa senza
termosifoni».

Su La Repubblica un’intervista a Tiberio Timperi, conduttore di Unomattina estate e, da settembre, di “I fatti vostri”, su Rai 2, in coppia con Anna Falchi. Ha iniziato la sua carriera dalla radio («in un sottoscala di un bar a Cesenatico,
andavamo in vacanza in una pensione a conduzione familiare, i miei avevano pochi soldi»), poi Telemontecarlo, il Tg4, la Rai.
Timperi racconta che i suoi genitori erano contrari alla carriera nel mondo dello spettacolo.
«Mio padre era contrario, ci siamo anche scontrati, voleva il figlio laureato, per lui il pezzo di carta faceva la
differenza. Aveva iniziato a lavorare come sviluppo stampa nelle società dell’epoca, era tecnico a Via Teulada. Non aveva potuto studiare. Ho ricordi mitici della Rai, prendevo l’autobus e andavo a trovarlo. La camera oscura, lo studio dove giravano gli sceneggiati, Alberto Lupo con la Jaguar color nocciola. Un giorno papà mi chiamò: “Tutto bene a scuola? Ti passo il tenente Sheridan”. Parlai con Ubaldo Lay».
Hanno vissuto il suo successo? Timperi:
«Papà sì. Mi ha preso sul serio solo dopo che sono passato in Rai, ho scoperto che conservava gli articoli su di me. Educazione semplice: comportati bene, vai bene a scuola e non farci chiamare dalla polizia. Papà era corretto fino
all’autolesionismo. Mamma è morta giovane, era chiusa, non esternava, sognavo le carezze che mia zia faceva a mio cugino. Era una vita senza sovrastrutture, un gradino sopra la povertà. So cos’è la fame, la voglia di arrivare. Abitavo in un palazzo di Piazza Vittorio che odorava di sugo, sono cresciuto con i valori di una volta. Ero figlio unico, avrei voluto dei fratelli. Ho finito per assomigliare a mio padre, dico quello che diceva lui».
Timperi parla del rapporto con i social.
«Possono diventare un cancro. Mi tocca usarli, col lavoro che faccio. Una volta un ufficio stampa mi disse: “Se non sei un Instagram non esisti”. Sarebbe bello avere rapporti umani».
L’aspetto fisico nel suo caso ha contato: fotoromanzi, fiction e film. Timperi:
«Ha contato. E forse è stato un po’ penalizzante, alla fine “bello e un po’ stupido”, no? Quando ho fatto la radio non c’era la telecamera, e l’avvenenza non contava. All’inizio ero cicciotello e con i brufoli».
Ha mai fatto analisi?
«Sì e se l’avessi fatta prima, sarebbe stato meglio».
Se dovesse descriversi?
«Non sono incline al compromesso, non sono mondano, sono pignolo. Non mi tengo un cecio in bocca, dico la verità e voglio sentirmela dire».
Ha rimpianti? Timperi:
«A Los Angeles nel 2001 mi fermò un tizio della Philip Morris, grande agenzia di modelli e attori, con un biglietto: “Compliments you are scouted”. Ero in vacanza con la mia fidanzata, non ho compilato i moduli. La curiosità di vedere cosa sarebbe potuto accadere è restata. Ma mi accontento. Se penso da dove sono partito: la casa senza
termosifoni, ho patito tanto di quel freddo da bambino. Non esiste solo la tv ma anche la vita. Oggi vorrei
innamorarmi di nuovo».