La sua permanenza è una storia che piace ma un club – oltre alla gratitudine – dovrebbe anche avere la visione del proprio futuro
De renovatione contractus Piotr Zielinski. In latino, perché se ne potrebbe scrivere un trattato filosofico, tanti gli spunti e le implicazioni – tecnico-tattiche, politiche e forse anche sentimentali – che la situazione del centrocampista polacco del Napoli ha fatto venire impetuosamente fuori.
Iniziamo dal bello, e cioè dal sentimento. Perché se fosse vero quello che ha riferito Claudio Lotito al Messaggero – ovvero che Zielinski avrebbe deciso di rinnovare il contratto con il Napoli con un ingaggio più basso di quello che percepisce attualmente, oltre che più basso di quello che gli offriva la Lazio – quella tra Piotr e il Napoli sarebbe davvero una delle poche “belle storie” di questa sessione di calciomercato.
Senza scadere nella retorica né nelle smancerie, rifiutare i petroldollari di uno degli Al-Qualcosa di cui si sente parlare continuamente in questa torrida (ma noiosa, almeno per l’Italia) estate di calciomercato e rifiutare anche i soldi della Lazio per restare a Napoli accettando perfino uno stipendio minore di quello che percepisce oggi non è cosa da tutti. È una bella prova d’amore, forse più sincera e più vera del nome del figlio – per fare un riferimento cinematografico – o di un tatuaggio.
Sia chiaro: non si criticano le scelte. Mertens e Spalletti (per limitarci alle citazioni appena fatte) sono professionisti e lavorano per soldi e per gloria; si criticano le ruffianerie, quelle sì. Ruffianerie che certe volte potrebbero essere evitate. Kim, ad esempio, le ha evitate. È un professionista che ha scommesso su sé stesso e sulle sue qualità imponendo quella clausola quando nessuno ci credeva, probabilmente neanche il Napoli che lo stava acquistando. Alla fine è stato premiato col Bayern Monaco, e comprensibilmente non ci ha pensato un attimo. Pare che Zielinski abbia fatto una scelta diversa, dimostrando un legame profondo con il Napoli. Però questo legame l’ha dimostrato coi fatti, evitando ruffianerie. Questo lo rende più, e non meno, amabile.
Veniamo al campo, però. Perché con la conferma di Zielinski per altri due anni il Napoli si assicura un centrocampista dalle doti tecniche indiscutibili. Forse, insieme a Kvaratskhelia, il calciatore più tecnico di cui dispone la rosa. Dopo tanti anni a Napoli non c’è bisogno di presentazioni, le caratteristiche sono note. Piotr è un ambidestro di quelli veramente ambidestri, calcia benissimo in porta, ha un controllo orientato del pallone da far invidia a mezzo mondo e sterza e contro-sterza ch’è una bellezza. Peraltro, è un calciatore per certi aspetti essenziale per la fluidità della manovra del Napoli, ed è comprensibile che Garcia non voglia perderlo a cuor leggero. Contemporaneamente, è oramai pacifico che non si tratti di un top player. È rimasto un paio di gradini più in basso. Se fosse del tutto esploso, probabilmente, il Napoli l’avrebbe perso più di qualche anno fa.
E sì, perché ogni anno sembra quello buono perché Zielinski faccia il salto di qualità, ogni anno viene aspettato tipo Godot, ma il tema è che a 29 anni suonati non ha mai superato gli 8 gol in campionato in 7 anni di Napoli. Gli 8 gol li ha fatti nella stagione 2020-2021, quando ha realizzato pure 11 assist. È stata forse la sua miglior stagione in azzurro. Per il resto, Zielinski si attesta tra i 2 e i 6 gol a campionato. Troppo poco per un calciatore che avrebbe le qualità tecniche per quella che in gergo si chiama doppia-doppia. In compenso, Zielu nella scorsa stagione è stato autore di una grande Champions League, con 4 gol e 2 assist in 10 partite.
Questi numeri, che certo descrivono soltanto una parte del calciatore, rendono però legittimo uno spunto di riflessione quasi politico: Zielinski è forte, e chi scrive sarebbe tutto sommato contento di vederlo riconfermato, ma siamo proprio sicuri che sul mercato non si possa trovare niente di meglio? D’altronde, anche Koulibaly sembrava insostituibile, poi il Napoli ha scovato uno più forte. D’altronde, il Napoli ha vinto lo scudetto quando ha avuto il coraggio di investire su calciatori nuovi, lasciandosi alle spalle il passato. Siamo sicuri che la probabile permanenza di Piotr non sia un tappo all’esplosione di Elmas, che potrebbe finalmente giocare titolare? Siamo sicuri che ci ritroveremmo a rimpiangere la sua cessione se venisse sostituito con Veiga o Samardzic (per fare due dei nomi che circolano)?
Insomma, l’amore del tifoso è comprensibile e in larga parte condiviso, ma il timore che De Laurentiis possa peccare per certi aspetti di gratitudine, un peccato originale del calcio, è un timore fondato. Oltre a Zielinski, si legge di un possibile (ed inspiegabile) rinnovo di Mario Rui. Ed ecco, se da un lato è legittimo che una squadra giovane che vince lo scudetto con venti punti di vantaggio venga toccata il meno possibile, dall’altro dei cambiamenti ci sono già stati (Spalletti, Giuntoli e Kim non sono mica poca roba) e confermare per eccesso di gratitudine nasconde un rischio d’appagamento ch’è dietro l’angolo. De Laurentiis provi a tenere gli occhi aperti.