Al CorSera: «Mi portarono in Marocco dicendo: ti diverti, c’è sangue, sudore e polvere. Risposi: io con sangue, sudore e polvere non mi diverto un cazzo».
![Abatantuono: «Faccio l’attore perché avevo intuito che se fosse andata bene avrei passato la vita in giro» Abatantuono: «Faccio l’attore perché avevo intuito che se fosse andata bene avrei passato la vita in giro»](https://www.ilnapolista.it/wp-content/uploads/2022/03/Diego-Abatantuono_Image-Sport.png)
Un Diego Abatantuono abbastanza inedito quello che racconta al Corriere della Sera le vacanze estive a Vieste, nel Gargano, con la famiglia, quando era ragazzino. Più di 800 chilometri in Statale da Milano («Non facevamo l’autostrada, all’inizio perché non c’era poi perché comunque costava e bisognava risparmiare») e campeggio libero in spiaggia.
«Ci mettevamo di fianco a un ruscello di acqua dolce freddissima che faceva da frigorifero, mettevamo dentro il burro, le bottiglie d’acqua. Serviva per lavare i piatti, per fare la doccia: era un ruscello multifunzione. Eravamo con altre famiglie, tre o quattro; mettevamo le tende a semicerchio vista mare. Io entravo in acqua all’arrivo e uscivo dal mare solo per dormire. Stavo a bagnomaria per tutto il resto della giornata, poi né mio papà né mia mamma si preoccupavano di darmi raccomandazioni sul bagno dopo pranzo: mangiavamo direttamente in acqua fettone di pane pugliese con pomodoro olio e sale».
Abatantuono continua:
«Si andava a raccogliere la legna per il fuoco sulla spiaggia, cucinavamo i peperoni arrostiti, le salsicce, le patate nella stagnola, le polpette. Sarà da lì che ho sviluppato l’amore per il cibo, tanto da aprirci cinque ristoranti, il Meatball Family».
La sera?
«Non c’era turismo, andavamo in paese, c’era un cinema all’aperto, con la luna e il faro di Vieste sullo sfondo, noi bambini ci addormentavamo perché eravamo cotti. Anche se sulle sedie di ferro era faticoso, allora portavamo i cuscini, c’era chi veniva direttamente con la sdraio, oppure chi incastrava il materassino sgonfio nella seggiola. Ricordo i panzerotti incandescenti, ci bruciavamo la bocca e diventavamo tutti dei Belén. Era una vacanza straordinaria. Siamo andati lì da quando avevo tre mesi — sicuro mi avevano concepito lì i miei l’anno prima — fino ai 15 anni quando ho iniziato ad andare per conto mio».
Abatantuono ha viaggiato tanto anche per lavoro.
«In quel caso entri in un altro meccanismo, conosci le persone in un altro modo, conosci sfaccettature che da turista non riesci a cogliere. Sono stato in Marocco tante volte, un posto che mi ha stregato, mi piace da matti la gente, mi diverto a contrattare e comprare nei mercati».
Tutti pensiamo a «Marrakech Express», il film di Salvatores, 1989. Abatantuono:
«Ma ci ero già stato l’anno prima per Il segreto del Sahara, miniserie di Alberto Negrin con un cast pazzesco: Ben Kingsley, Andie MacDowell, David Soul, Miguel Bosé… Negrin mi disse: vieni, vedrai che ti diverti, ci sarà sangue, sudore e polvere. Gli risposi che io con sangue, sudore e polvere non mi diverto un cazzo. La verità è che non faccio questo mestiere perché ho il sacro fuoco dell’attore, avevo intuito che se fosse andata bene avrei passato metà della vita in giro».