L’assist di Kvaratskhelia appena entrato è la risposta che Garcia ben conosce: le gerarchie le stabilisce il campo, è inutile opporsi
È stato oggettivamente un Napoli travolgente, per quanto, a mio avviso, facilitato da un Sassuolo che è parso davvero poca roba. Una squadra che non morde a centrocampo, poco cattiva agonisticamente, che lascia giocare con scarsa pressione già sulla prima costruzione da dietro avversaria, con una linea difensiva talvolta troppo alta per la fase e la situazione di gioco che sta affrontando (si veda il posizionamento sul gol di Di Lorenzo), insomma una manna per ogni squadra che, invece, ha nel talento nel far girare il pallone e nell’attaccare all’’improvviso la profondità le sue armi più caratteristiche e funzionali.
Ciò detto, è indubitabile che siano state davvero tante le note positive della partita di ieri, quanto ai singoli e quanto alle combinazioni di gioco.
Innanzitutto, Zielinski: chi scrive mai lo ha amato, seppure ben consapevole che siano non poche e rare le doti tecniche del ragazzo. Ieri non solo è apparso sempre vivo ed al centro del gioco, ma certe sue giocate caratterizzate da frenate improvvise, dal cambio di piede (da quello con cui portava il pallone a quello con cui calciava il pallone) e da sventagliate del pallone al proprio compagno a 50 metri (il più classico dei cambi di gioco alla Pirlo) sono apparse giocate molto funzionali alle idee di improvvisa verticalizzazione del gioco volute dall’allenatore.
Poi, Anguissa: chi scrive ne è calcisticamente innamorato, e non può esimersi dall’esprimere la propria meraviglia di fronte a come sia possibile che le big d’Europa ce lo possano lasciare (come già successe per Callejon: ma lì tutto era giustificato dalla sbornia intellettuale che preferiva gli esterni a piedi invertiti ….), peraltro ad uno stipendio inferiore a quello che prende Sanchez dall’Inter (a proposito di buone e cattive gestioni economiche di una squadra).
Anche ieri, si è mostrato un vero maestro del centrocampo: palloni letteralmente sradicati dai piedi degli avversari, percussioni continue palla al piede, lucidità onnipresente in ogni scelta di giocata effettuata e tanta classe da vendere (mi sono segnato al 52esimo un doppio passo alla Zidane, destro/sinistro, con cui si è liberato sulla trequarti del proprio marcatore come se avesse la sigaretta in bocca così bello da mettersi a piangere dalla commozione).
Poi, ancora, Di Lorenzo, un giocatore che nel City sarebbe titolare inamovibile, anche lui inspiegabilmente fuori dalle rotte di mercato delle big europee: anche ieri è stato devastante. Attaccante o rifinitore aggiunto, e pur tuttavia in grado di recuperi sul portatore di palla avversario lanciato nello spazio sempre puliti, senza mai un fallo. Scelte nei tempi di giocata senza pallone da manuale del calcio, tecnica di base eccellente, ormai con Politano (un altro che sta giocando a livelli che non immaginavo potesse raggiungere, ora che ha anche imparato a dribblare senza entrare necessariamente nel campo) costituisce ed integra una catena di destra da “attenti a quei due”.
E poi, ancora, le giocate di (e da) squadra: palloni imbucati al terzo uomo che si getta con tempi giusti nello “spazio”, giro palla veloce e non sincopato (specie con Lobotka che ha velocizzato incredibilmente i tempi di scarico del pallone), sovrapposizioni interne od esterne eseguite a regola d’arte, cambi di gioco improvvisi per mettere all’uno contro uno il compagno “ricevente”, insomma una delizia per gli occhi di chi osserva.
Il primo gol è proprio il frutto di tutto ciò: Zielinski imbuca un pallone per Di Lorenzo che scatta dietro alla linea dei difensori del Sassuolo: il capitano, non appena arrivato sul pallone lo scarica con un colpo di tacco proprio a Politano che ne ha letto movimento e giocata e si trova proprio li dove Di Loranzo sa (ad occhi chiusi) che deve trovarsi. L’esterno alto del Napoli viene abbattuto da un’entrata pesante del difensore avversario e viene fischiato un rigore netto su cui tuttavia pure l’arbitro ha avuto i suoi dubbi.
Osimhen (quindi il rigorista lo abbiamo!) lo trasforma in modo impeccabile, 1 a 0 (piccola nota a margine: all’oratorio si cambiano continuamente i rigoristi, in serie A no. Vi prego).
Il secondo gol è il prodotto dell’ennesima combinazione tra giocata collettiva e giocata individuale che il Napoli produce a fiotti.
Kvaratskhelia, appena entrato, effettua una giocata che potrebbe essere titolata “devi rassegnarti”, direttamente indirizzata a Garcia.
A cui pure va il mio apprezzamento per avere provato a giocare a due punte nel finale della partita (il 4 3 3 mi ha un po’ rotto le palle, specie se tende a sacrificare due centravanti che ben potrebbero giocare insieme), per avere insistito su Raspadori (l’anno scorso invece troppo relegato ai margini), per provare un calcio più di aggressione agli spazi, e così via.
Tutto molto bello, per carità.
Però, poi, non mi devi cadere nella solita, noiosa condizione in cui si trova l’allenatore che appena arrivato in gruppo deve manifestamente far vedere chi comanda, perché così fai sorridere.
Perché così poi capita che il campione che hai messo in panchina perché non ha i 90 minuti nelle gambe entra, riceve il pallone sulla trequarti messo di mezzo busto, lo pizzica istantaneamente con la suola per girarsi faccia alla porta ed avere tutte le giocate possibili da scegliere, aumenti la frequenza di passi e di tocchi del pallone, e lo imbuchi tra due linee difensive avversarie per la corsa del proprio compagno che mette a tu per tu con il portiere (per la cronaca, il fenomenale Di Lorenzo, cioè il migliore in campo).
E quando il campione che hai messo in panchina perché non ha i 90 minuti nella gambe, perché comandi tu, perché il segnale che dai è che tutti sono sullo stesso piano fa una cosa che lo pone, invece, tre piani sopra gli altri, il problema che hai fatto uscire dalla porta ecco che ti rientra subito dalla finestra.
Come diceva mia nonna, che non sbagliava mai.