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Beatrice Venezi: «La cattiveria con cui vengo colpita dimostra che in Italia c’è ancora tanto sessismo» 

A La Stampa: «Dirigere un’orchestra è un atto di fede e un lavoro di squadra ma alla fine l’interpretazione la decide una persona sola» 

Beatrice Venezi: «La cattiveria con cui vengo colpita dimostra che in Italia c’è ancora tanto sessismo» 

Su La Stampa una lunghissima intervista a Beatrice Venezi, direttore d’orchestra al conservatorio di Milano. E’ a Taormina, dove dirige il Festival. Una chiacchierata che spazia da Dio alla politica fino ad arrivare alla visione delle donne. La Venezi parla ovviamente tanto anche della sua professione.

«Nella direzione d’orchestra c’è una componente umana decisiva, perché suoni moltissimi strumenti attraverso la capacità di altri musicisti».

Senso di dominio? La Venezi parla piuttosto di condivisione.

«Di condivisione, per me. Ma è vero che per alcuni è dominio. C’era tutta una scuola toscaniniana in questo senso, che però oggi è superata».

La volontà di potenza non la riguarda?

«Nietzsche? Mettiamola così: dirigere è comunque un atto di volontà. E anche un atto di fede. Tu inizi a librare le mani nell’aria, le fai scendere e ti devi affidare, devi avere fede – appunto – nel fatto che, a livello di suono, succederà quello che stai pensando, quello che stai immaginando. È un gioco sottile. Il gesto è importante. Ma è solo una minima parte».

Uno comanda gli altri eseguono. Venezi:

«È un lavoro di squadra. Ma l’interpretazione la decide una persona sola. Se i settanta musicisti seguissero tutti la loro sensibilità sarebbe il caos. Serve qualcuno che unisca le coscienze musicali e le guidi».

La Venezi parla dei problemi occupazionali relative alle orchestre.

«Un contratto nazionale non rinnovato da 20 anni e modelli pensionistici da rivedere: ad esempio professori d’orchestra e artisti del coro dipendenti di enti che si sono generalmente stabilizzati tardi e che quindi contabilizzano pochi contributi. Per non parlare poi dei liberi professionisti (cantanti lirici, solisti o direttori d’orchestra) che di fronte a un lavoro per sua natura discontinuo presentano dei buchi contributivi che spesso non permettono pensioni dignitose».

La Repubblica italiana è fondata sul lavoro, e, dice, lavoro e dignità devono andare di pari passo.

«Bisogna trovare un equilibrio. Qui a Taormina lo sperimento con il Festival. Quando chiedo la disponibilità a lavorare il sabato e la domenica molti giovani mi rispondono di no. La mia generazione è stata viziata da chi l’ha
preceduta».

Si diventa ricchi facendo i direttori d’orchestra? La Venezi:

«Ricchi no. Anche se molto dipende da chi sei».

Lei chi è?

«Un direttore che gode di una certa popolarità. Una persona che studia musica tutti i giorni da quando ha sei anni. Mi aggiorno, faccio prove, mi porto il lavoro a casa. E il giorno del concerto vengo retribuita. Fino a poco tempo fa neppure quello, mi dicevano: vieni sul palco, la tua ricompensa è la visibilità».

E gli orchestrali?

«Dipende dalle orchestre. Diciamo che alla Scala e a Santa Cecilia si guadagna di più che in altri enti meno blasonati. Tra i 1400 e i 1700 euro al mese per un lavoro che, come ho detto, prevede prove, studi, perfezionamento e acquisto di strumenti generalmente costosi. Il risultato di questa politica spesso si traduce in un abbassamento della qualità media tendendo a trasformare gli artisti – perché questo sono i professori d’orchestra- in semplici impiegati».

Direttori stranieri sì o no? Venezi:

«A parità di profilo di curriculum preferisco un italiano».

C’è nepotismo nel suo settore?

«Sì. I figli, i parenti e gli amici di direttori d’orchestra, direttori di conservatorio, sindacalisti, e potrei citare tante altre categorie, sono parecchi. Una malattia del Paese che non risparmia il mondo artistico». 

Il sessismo nel suo mondo esiste? Venezi:

«Sì. Ma perlomeno le orchestre sono meritocratiche. Il sessismo lo trovo piuttosto tra le istituzioni e l’opinione pubblica. L’acredine e la cattiveria con cui spesso vengo colpita non hanno niente a che vedere con il mio mestiere».

La Venezi fa un commento su Elodie.

«Mi sembra che Elodie, con il suo atteggiamento, dia una rappresentazione poco elegante del corpo della donna. Posso dirlo?».

L’ha detto. Il #MeToo ha ancora senso?

«Le molestie ci sono. Io non le ho mai subite. Al massimo marpionaggio. Ma ho sempre mandato messaggi chiari. All’ultimo invito a cena che ho ricevuto ho risposto: bella idea, aspetta che chiamo il resto del cast».

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