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Il Napoli studiato da Garcia per Osimhen e Kvaratskhelia

Pochi tocchi, verticale, libertà concessa ai calciatori, anche di tirare. A Frosinone si sono viste le idee su cui lavorerà il tecnico francese

Il Napoli studiato da Garcia per Osimhen e Kvaratskhelia
Napoli's Polish midfielder #20 Piotr Zielinski kicks a corner during the Italian Serie A football match Frosinone vs Napoli at the Benito Stirpe stadium in Frosinone, on August 19, 2023. (Photo by Filippo MONTEFORTE / AFP)

Benvenuti nell’era-Garcia

Abbiamo visto il primo Napoli di Rudi Garcia, e per una volta non si tratta di una metonimia in salsa calcistica. A Frosinone, infatti, gli azzurri hanno già dimostrato di avere un’anima tattica tutta nuova, o comunque in parte diversa, rispetto al passato recente. Le sensazioni raccontate da Massimiliano Gallo nel suo articolo a caldo scritto nel post-gara trovano conferme anche se approfondiamo lo studio del match, se proviamo a sviscerarlo con il nostro solito metodo a metà tra analisi tattica e statistica: il Napoli ha (già) un approccio vicino alle idee del suo nuovo allenatore, o quantomeno prova a metterle in pratica. Certo, anche il contesto – il Frosinone ha giocato in modo molto atipico per essere una neopromossa, e ne parleremo – ha agevolato questa primissima fase di cambiamento. Di transizione verso il futuro. Ma si tratta comunque di una notizia importante.

Cominciamo dalle scelte iniziali, vale a dire dalle formazioni disegnate da Di Francesco e Garcia. Entrambi gli allenatori hanno optato per il 4-3-3 in fase di possesso, solo che l’interpretazione del modulo offerta dal Napoli è stata molto più fluida. Meno rigida, quindi inevitabilmente più ibrida. Nel primo tempo, con Cajuste titolare nello slot di mezzala destra, la squadra di Garcia ha deformato la sua disposizione offensiva in modo articolato, anche abbastanza cervellotico in alcune occasioni: dopo la primissima costruzione, il centrocampista svedese si è affiancato spesso a Lobotka davanti alla difesa, con Zielinski più libero di associarsi ai componenti del tridente offensivo; contestualmente, Raspadori – schierato sull’out sinistro al posto di Kvaratskhelia – è venuto spesso dentro il campo a offrire un’ulteriore linea di passaggio ai suoi compagni.

Nel frame in alto, il doble pivote Lobotka-Cajuste in fase di impostazione, con Zielinski fuori dall’inquadratura; sopra, ancora Lobitka e Cajuste molto vicini a centrocampo, con Raspadori (nel cerchio azzurro) in posizione addirittura più arretrata, per agevolare lo scarico di Rrahmani.

Questi movimenti si sono determinati in base alle caratteristiche dei giocatori – Cajuste è decisamente meno offensivo e anche meno creativo rispetto a Zielinski – e anche alle scelte di Garcia. Rispetto all’anno scorso, benché siamo solo alla prima partita ufficiale e quindi le statistiche andranno ovviamente verificate a lungo termine, il cambio di visione del Napoli è piuttosto evidente: il tecnico francese vuole che la sua squadra risalga il campo velocemente, con pochi passaggi. Non a caso, viene da dire, nella gara di Frosinone il rapporto tra tiri effettuati (19) e passaggi totali (476) è di una conclusione tentata ogni 25 appoggi; nella stagione 2022/23, lo stesso dato era di una conclusione tentata ogni 37,5 passaggi.

Ripetiamo: siamo solo alla prima di campionato, e quindi questi numeri sono da considerare un’indicazione, più che un’evidenza statistica. E poi, come anticipato, anche il contesto ha fatto in modo che la partita andasse proprio in questo modo. Soprattutto nel primo tempo, infatti, il Frosinone di Di Francesco ha messo in mostra un gioco di possesso sofisticato, anche molto ambizioso in alcune circostanze; la squadra gialloazzurra ha cercato di tenere il pallone senza buttarlo mai, ha sempre impostato il gioco dal basso e così è arrivata ad accumulare una percentuale di possesso palla molto vicina a quella del Napoli (50% all’intervallo, 48% a fine gara).

Il 4-4-2 difensivo

Ogni volta che il Frosinone ha provato a imbastire un’azione con il portiere e i centrali, e come detto è avvenuto spessissimo, il Napoli si è disposto con un 4-4-2 piuttosto rigido. In particolare, la “seconda punta” in fase di pressing era Piotr Zielinski; Politano e Raspadori si mettevano sulla stessa linea di Lobotka e Cajuste, costituendo così un blocco medio-alto (baricentro difensivo posto a 55 metri) con il resto dei compagni.

Due frame in cui il 4-4-2 difensivo del Napoli è a dir poco evidente

Anche questa è una novità tattica. Un anno fa, infatti, il Napoli era una squadra più flessibile in fase difensiva e di primo pressing, il 4-4-2 si alternava con il 4-5-1 e a volte il baricentro medio era posto più in basso, quindi la squadra risultava più compatta e meno aggressiva. Nel primo tempo il Frosinone ha anche saputo approfittare di qualche spazio troppo ampio lasciato dagli azzurri: 3 dei 4 tiri tentati dalla squadra di Di Francesco, 2 dei quali su azione manovrata, sono arrivati nella prima frazione di gioco. E comunque al termine di manovre in cui i padroni di casa hanno mostrato di avere un certo coraggio, una buona propensione al palleggio e anche una discreta qualità: le doti che occorrono per superare bene un primo pressing come quello portato dal Napoli di Garcia, aggressivo ma ancora non perfettamente oliato nei suoi meccanismi.

Nella prima azione, il Frosinone muove bene il pallone e così supera bene le linee di pressione del Napoli, per poi fallire solo nella rifinitura; nella seconda manovra, recupera bene palla dopo un errore di Lobotka, la lavora bene al limite dell’area e poi va vicina al gol.

L’andamento equilibrato e quindi incerto del primo tempo è stato favorito anche dalla componente emotiva e da quella psicologica. Il vantaggio trovato praticamente subito – e in modo casuale, su un rigore causato ingenuamente da Cajuste – dal Frosinone ha dato un evidente boost fisico e di entusiasmo alla squadra di Di Francesco. Che, è stato evidente, nel primo quarto d’ora ha mostrato di avere più brillantezza per attuare le proprie idee. Poi però il Napoli ha alzato i giri del motore, ha cominciato ad alzare l’intensità del suo gioco. Ed è così che si è palesato l’ampio divario con il Frosinone.

Il gol di Politano nasce e si determina esattamente nel modo in cui vorrebbe Garcia. Secondo le idee su cui ha intenzione di modellare il suo Napoli, la stagione che sta nascendo. Tutto parte dal pressing, da un’aggressività asfissiante che costringe il Frosinone a sbagliare un appoggio e apre il campo a una ripartenza veloce, verticale. A un direttissimo lanciato a tutta velocità verso la porta avversaria.

Un doppio anticipo difensivo, due passaggi e due tiri verso la porta

Nel postpartita, Rudi Garcia ha detto che «il gol è arrivato quando abbiamo iniziato a tirare da fuori». È proprio così: dopo il tocco in verticale tentato da Raspadori e ribattuto dalla difesa avversaria, Zielinski e poi Politano caricano la loro conclusione dal limite dell’area. Ed è così che è nata la rete del pareggio. Ora immaginiamo per un attimo una ripartenza di questo tipo con Kvaratskhelia – che sarà ovviamente titolare nello slot di esterno sinistro d’attacco – al posto di Raspadori. Ecco, questo è il Napoli che ha in mente Garcia. Si tratta di un progetto quantomeno intrigante, per quanto sia da verificare contro avversari con maggior qualità rispetto al Frosinone.

Gioco di possesso, gioco verticale

Tutto questo non vuol dire, però, che il nuovo Napoli sia una squadra completamente priva di velleità di dominio, di controllo attraverso il possesso. In realtà basta riavvolgere il nastro della gara di Frosinone e analizzare ciò che succede a partire dalla mezz’ora, per rendersene conto: il tiro appena fuori di Báez (l’abbiamo visto in uno dei video nei paragrafi precedenti) rappresenta l’ultima manifestazione offensiva della squadra di Di Francesco, poi sono gli uomini di Garcia a prendere in mano la gara. Perché iniziano a muoversi e a muovere il pallone con un ritmo e una qualità a cui il Frosinone, semplicemente, non può opporsi. Per capire cosa intendiamo, ecco il video del primo gol di Osimhen:

Il tiro di Osimhen è davvero terrificante

Il pressing alto di Cajuste – in aggiunta a Osimhen e Zielinski – costringe Turati al rilancio lungo. Ma a quel punto il Frosinone è spaccato e quindi spacciato: Di Lorenzo salta per intercettare il pallone, poi si va a prendere l’ampio spazio sulla fascia destra, resiste alla trattenuta di un avversario ed entra in area. Infine tocca per Osimhen, che a sua volta trova un tiro bellissimo di prima intenzione. E se questa vi sembra un’altra azione troppo verticale, ecco quello che era successo in quella precedente:

A metà tra pallanuoto e basket

Ancora il doble pivote (stavolta composto da Lobotka e Zielinski, con Cajuste in posizione più avanzata), ancora Raspadori che si abbassa per facilitare il possesso. Poi il tocco interno per Cajuste in leggerissimo fuorigioco, con successivo cross al centro ribattuto e accerchiamento para-militare dell’area di rigore. Per quanto veloce e insistito, questo è gioco di possesso. È calcio di pura qualità tecnica che si alterna alle ripartenze dirette e verticali amate da Rudi Garcia. È l’anima inestirpabile del Napoli – quello di Spalletti, quello dello scudetto – che si manifesta e tenta di mescolarsi con nuove idee, con nuovi concetti. Non sarà un processo facile, ma potrebbe essere molto divertente.

Novità, ok, ma anche continuità

Anche perché ci sono altri indizi sulla continuità – per quanto ibrida – tra il Napoli del passato e quello del presente/futuro. In diverse occasioni, per esempio, i laterali bassi – soprattutto Di Lorenzo – sono andati a occupare quella posizione di finta mezzala che ha fatto la fortuna del sistema di Spalletti:

Di Lorenzo è quello nel cerchio azzurro

Il fatto che non sia una situazione casuale si evince in modo piuttosto chiaro dai dati. Ma anche da quello che succede al minuto 78: all’apice di una seconda frazione controllata agevolmente dal Napoli, non a caso il Frosinone ha tirato in porta solo con Baez in tutta la ripresa, è arrivato il gol della doppietta di Osimhen. Trovate tutto sotto, sia le statistiche che la rete realizzata dal centravanti nigeriano:

Nel primo campetto, tutti i tocchi di Di Lorenzo; nel campetto al centro, tutti i palloni giocati da Olivera. In entrambe le grafiche, il Napoli attacca da destra verso sinistra. Sopra, invece, la seconda rete di Osimhen: guardate dove si trova Di Lorenzo, rispetto a Politano, al momento dell’assist.

La sensazione di controllo trasmessa dal Napoli nella ripresa si deve anche all’ingresso di Anguissa al posto di Cajuste. Lo svedese va ovviamente rivisto e riprovato, ha tutte le attenuanti del mondo per una prova poco lucida nei momenti topici, e in realtà non ha fatto così male in alcune situazioni di gioco, soprattutto negli inserimenti lunghi per riempire ulteriormente l’area di rigore – un’altra nuova idea su cui sta lavorando Garcia. Anguissa, però, è di un’altra categoria: nella ripresa a Frosinone ha toccato tantissimi palloni (49, più di tutti i compagni di squadra) e soprattutto li ha toccati a tutto campo, iniettando solidità e tranquillità nelle vene della sua squadra.

Tutti i palloni giocati da Anguissa. Ovvero, la definizione grafica di tuttocampista.

Con Anguissa, grazie ad Anguissa, si realizza – si può realizzare – l’idea raccontata da Garcia nelle interviste del postpartita: «Tutti i miei centrocampisti e soprattutto Anguissa hanno una certa qualità, possono gestire ruoli differenti e quindi possono creare queste rotazioni continue sulle fasce ma anche tra loro». Anche questa, se vogliamo, è una caratteristica che il Napoli di Garcia potrebbe riprendere da quello che ha vinto lo scudetto nella scorsa stagione. In un certo senso, pure il probabile arrivo di Gabri Veiga spinge esattamente in questa direzione. Allo stesso tempo, però, le indicazioni giunte da Frosinone ci dicono che la declinazione potrebbe essere diversa: se Spalletti utilizzava le trame ordite da Lobotka, Zielinski e Anguissa per creare linee di passaggio e quindi spazi nella metà campo avversaria, Garcia potrebbe utilizzarle per aggredirli, quegli stessi spazi. Per attaccarli in modo diretto, veloce.

Conclusioni

A Frosinone, per dirla in poche parole, abbiamo visto alcuni sprazzi di un nuovo Napoli. Di un Napoli ancora più sbilanciato verso un calcio che possa esaltare Victor Osimhen, verso un calcio (più) verticale, essenziale e letale in pochi tocchi. Lo abbiamo (pre)annunciato tra le righe di questa analisi: viste le sue qualità, anche Khvicha Kvaratskhelia potrebbe giovarsi di questi cambiamenti in atto. Certo, serviranno delle sfide più probanti – in Serie A e soprattutto in Champions League – per testare la sostenibilità di questo modello a medio-lungo termine. Così come l’adattamento e il rendimento di alcuni giocatori idealmente meno adatti a questo tipo di approccio – Lobotka? Mário Rui? – daranno ulteriori conferme su questa evoluzione in corso. Ma le premesse sono davvero interessanti.

Anche perché, l’abbiamo già visto a Frosinone, la maggiore libertà richiesta da Garcia in senso assoluto – libertà di movimento e di associazione, persino nel tentare il tiro da fuori – potrebbe aprire degli spazi tutti nuovi nel turn over. Anche in quello orizzontale. Basti pensare a Raspadori: ieri non ha brillato in modo particolare, eppure ha segnato un gol poi annullato per fuorigioco millimetrico, ha sfiorato ancora la marcatura nella ripresa ed è stato determinante nell’azione che ha portato al pareggio. Tutto questo agendo da esterno sinistro non puro, non alla Kvaratskhelia, con attribuzioni più dinamiche, più elastiche. Potrebbe fare la stessa cosa schierato sull’altra fascia, con il georgiano al suo posto. O da sottopunta, in una versione più spregiudicata del 4-3-3/4-2-3-1. Un discorso del tutto simile avrebbe senso farlo anche con Elmas, con lo stesso Gabri Veiga in dirittura d’arrivo.

Insomma, Rudi Garcia ha per le mani una squadra che sembra potersi adattare in modo naturale alle sue idee. Pur senza rinnegare o cancellare la sua identità. Il fatto che Di Lorenzo, nel postpartita, abbia sottolineato le necessità/volontà di fare questo step è una buonissima notizia, per il nuovo progetto del tecnico francese. E quindi per il futuro del Napoli. Non perché sia sicuramente la strada più giusta da percorrere, questo potrà essere solo il campo a dirlo, ma perché approcciare bene i cambiamenti è l’unico modo per farli fruttare. Per provarci, almeno. In fondo, a pensarci bene, lo scudetto dell’anno scorso è nato proprio a partire da alcuni cambiamenti radicali. Magari non è stato un caso.

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