Un luogo che disprezza i diritti non sarà mai una nuova capitale del calcio. I diritti hanno un valore economico ignoto solo ai dirigenti del pallone
Alla legittima domanda se la vicenda Gabri Veiga – e non solo quella – ci stia dischiudendo l’alba di un nuovo mondo del calcio con sede a Riad, vorrei contribuire con qualche
In questo effetto è racchiuso il tema, gigante ma assai poco dibattuto, della qualità di vita. La capacità di una realtà economica di attrarre talento è sempre vincolata al livello dell’esistenza che un professionista e la sua rete di affetti potranno condurre in quel luogo. In genere, salario offerto e qualità di vita possono essere inversamente proporzionali – è il motivo per cui di tanto in tanto si vedono girare laute offerte di lavoro per tecnici specializzati su piattaforme petrolifere disperse in qualche mare. Ma esistono barriere sostanzialmente insormontabili che rendono alcuni luoghi destinati a rimanere fuori un mercato del lavoro necessario a costruire una seria tendenza economica.
L’Arabia Saudita, al netto dei magnifici selfie e progressivi di qualche personaggio noto, è un luogo in cui si vive in una realtà sociale brutalmente pri
Se non ci limitiamo a ragionare come dei cinghiali laureati in matematica pura, come avrebbe detto qualcuno importante, dobbiamo fare i conti con il fatto che i calciatori, le calciatrici, le loro vite sentimentali, le loro preferenze sessuali, il loro desiderio di vivere, i loro sogni devono potersi realizzare nei luoghi in cui vivono e che questa ambizione non è garantita dal celebre ingaggio faraonico. A non vederlo sono solo i grandi dirigenti del calcio, la cui miopia è nota ed è dovuta a una ancestrale ignoranza che si dispiega di fronte a noi, giorno dopo giorno, con cristallina e devastante evidenza. Pensare che Infantino e Al Qahtani siano alla testa di uno stravolgimento storico è lecito ma potrebbe essere un atto di rara audacia. Un luogo che disprezza i diritti come l’Arabia Saudita non sarà mai una nuova capitale del calcio, almeno fino a quando non verrà garantita una qualità di vita paragonabile a quella dei paesi oggi all’avanguardia in questo sport, non solo ai calciatori ma anche ai tifosi. Il calcio, infatti, rimane tale se c’è ch
Il sopra menzionato effetto Slowiak-Gaiola diverrà sempre più attuale in un mondo in cui esistono blocchi economici e culturali che sono in aperto conflitto, forse ancor di più per giocatori in aree dell’Europa orientale in cui la compressione dei diritti sotto i regimi sovietici ha lasciato molte ferite. Semmai la debolezza europea, i famosi anelli che non tengono, potrebbero essere gli stessi europei che si siedono dietro la tastiera e ci tengono a tediare l’universo mondo facendoci sapere che l’Occidente (o gli Occidenti, come scrive in un ottimo e consigliato libro il professor Graziosi) è il peggiore dei mondi possibili. Continuerà ad essere la realtà – pallone, spalti, sesso e birre compresi – a ribadire il contrario.
Infine, per questi anelli deboli vale anche la pena chiarire che l’effetto Slowiak-Gaiola s