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Perché Hagi passò dal Real Madrid al Brescia o Maradona venne Napoli? A proposito di Gabri Veiga

È sempre una questione economica. Chi stabilisce che giocare a 21 in Arabia significa smettere mentre in Italia è sinonimo di crescita?

Perché Hagi passò dal Real Madrid al Brescia o Maradona venne Napoli? A proposito di Gabri Veiga
Romanian Gheorghe Hagi (L) fights for the ball with French Didier Deschamps (R) and Vincent Guerin (in the back) during a football match France / Romania of the European Football Championships at Saint-James park stadium, on June 10, 1996, in Newcastle upon Tyne. AFP PHOTO VINCENT AMALVY (Photo by VINCENT AMALVY / AFP)

Che differenza c’è tra Gabri Veiga che preferisce l’Al-Ahli al Napoli e all’Italia e, a suo tempo, Zico che preferiva l’Udinese alla Spagna, Maradona che preferiva il Napoli (che in quegli anni era, ahinoi, una squadretta) al Barcellona, Hagi che lasciò il Real Madrid per andare al Brescia (sic!), etc? Nessuna. Allora come oggi, alla base delle loro scelte c’era in primis una motivazione economica.

Forse molti non lo ricordano ma fino al 1980 il campionato italiano, complice anche la scelta scellerata di chiudere le frontiere dopo l’umiliante eliminazione subita dalla Nazionale ai campionati mondiali del 1966 per mano dei dilettanti della Corea del Nord, era da molti ritenuto un calcio “periferico”, con le squadre italiane incapaci di affermarsi in Europa e con la Nazionale che non vinceva un Mondiale dal 1938.

Poi, per rilanciare il movimento, si decise di aprire i cordoni della borsa e di offrire cifre da capogiro ai migliori calciatori del pianeta che, attratti da ingaggi che altrove non potevano minimamente permettersi, vennero tutti in Italia (Maradona, Platini, Rummenigge, Zico, Falcao, Socrates, etc). L’Italia fece esattamente ciò che oggi stanno facendo i sauditi. Così facendo, l’Italia riuscì a risollevarsi e a ritornare ai vertici del calcio continentale; se riuscirà l’Arabia Saudita ad affermarsi ce lo dirà soltanto il tempo.

Infine ai tanti che tanti sostengono che andando a giocare nel campionato saudita, a ventuno anni, significa appendere le scarpe al chiodo, si fa sommessamente notare che, purtroppo, checché ne dicano tanti, il campionato italiano non ha più nessun appeal e per molti il campionato saudita vale quanto il nostro (se non più). Basta leggere i nomi dei calciatori e degli allenatori.

Bisogna prendere atto che il nostro è purtroppo diventato un campionato di seconda/terza fascia e se l’Arabia Saudita, come sembra, chiederà di essere ammessa alla Uefa e di partecipare alle Coppe Europee (come tra l’altro già fanno alcuni stati asiatici come Israele, Cipro, Georgia, Turchia, Azerbaigian, etc), allora la fuga dei giovani talenti verso la penisola arabica raggiungerà numeri ancora più importanti di quelli odierni.

Tra l’altro Gabri Veiga all’Al Ahli giocherà insieme ad Ibanez (classe 1998), Kessie (1996), Saint-Maximin (1997), Demiral (1998), oltre ai “vecchietti” Firmino, Alioski, Maherez e Mendy e avrà come avversari i vari Neymar, Benzema, Cristiano Ronaldo, Koulibaly, Sadio Manè, Brozovic, Milinkovic-Savic, Fofana, Kantè, Fabinho, Ruben Neves, etc. Continuare a far passare il campionato saudita alla stregua di un campionato dilettantistico o da dopolavoro, significa continuare a mettere la testa sotto la sabbia come gli struzzi pur di non ammettere che oggi l’Italia (e una parte dell’Europa) non rappresentano più la prima scelta di molti.

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