La serie sulla Juve Caserta su Raiplay consente di rivivere quell’entusiasmante avventura che culminò con lo scudetto del 1991
Da ragazzo per me c’erano solo due icone: Diego Armando Maradona e Ferdinando “Nando” Gentile. Maradona ridiede lustro al nostro sentimento di appartenenza calcistica e negli stessi anni Nando Gentile – casertano doc; insieme a Vincenzino Esposito – conquistò noi ragazzi che accanto al calcio amavamo il basket e non il volley. Ora la docuserie che Raiplay manda in streaming – “Scugnizzi per sempre. Palla a due” – che racconta di come nacque quella pazza – per il Sud – avventura sportivo-manageriale che portò la Juve Caserta – in quegli anni Phonola – il 21 giugno del 1991 a vincere il titolo di Campioni d’Italia nel basket italiano. Battendo quella che allora Dan Peterson considerava la prima franchigia europea dopo i Giganti Usa: le scarpette rosse milanesi.
“Scugnizzi per sempre” gode della sceneggiatura di Sante Roperto, Vincenzo Cascone e Gianni Costantino (che ne è anche il regista) e racconta dal 1980 quell’epopea della Juve Caserta – che era già nata per merito della famiglia del letterato casertano Francesco Piccolo nel 1951 con l’opera di Santino e Romano. Ma è con l’arrivo dell’imprenditore Gianni Maggiò, del direttore sportino meneghino Giancarlo Sarti, l’avvento del mago slavo Boscia Tanjevic e del Maradona paulista Oscar Schmidt, la costruzione del Palamaggiò e la strutturazione di un vivaio giovanile per merito anche del futuro coach vincitore del titolo, Franco Marcelletti, che nasce il “Miracolo Caserta”.
Ma in realtà un primo nucleo è un canestro disegnato sull’attività di famiglia dei Gentile nella cittadina ad un passo da Napoli, dove Nando Gentile e Vincenzino Esposito improvvisavano i primi playground continuandoli nella palestra della Ragioneria.
L’unione di queste eccellenze sportive ed imprenditoriali e la cantera di scugnizzi e di allenatori porterà otto giocatori e un allenatore casertani a vincere il titolo di Campioni d’Italia quel 21 giugno 1991 al Forum di Assago, dopo avere perso nella seconda metà degli anni ’80 le prime due serie scudetto. Le immagini della serie sono già amarcord, ma è bello anche vedere Dino Meneghin che rende omaggio a ‘Jukebox’ Oscar ed anche il direttore odierno del Mattino Francesco De Core – allora giovane cronista – che racconta ab hodie i primordi dell’arrivo di Mão Santa. Consiglio la serie soprattutto ai giovani perché si sentano orgogliosi – come lo fummo noi – di essere parte di quel Sud pulito e vincente.