La Superlega è morta ma il principio che ne era alla base sta guidando trasformazioni dirette da Uefa e Fifa
È di ieri la notizia che il prossimo 20 ottobre prenderà ufficialmente il via l’edizione inaugurale (aperta in via “sperimentale” soltanto ad otto squadre) dell’Africa Football League, ovvero la “Superlega Africana” nata da una partnership tra la Confédération Africaine de Football e la Fifa. Un torneo che farà da apripista a quella che sarà la l’edizione vera e propria dell’Africa Football League che si terrà nella stagione agonistica 2024/25 e che vedrà la partecipazione di ben ventiquattro squadre, ossia quelle che avranno il miglior coefficiente nel ranking del continente africano, un criterio di accesso per “meriti sportivi” e non per “invito”, come invece era stato ipotizzato per la famigerata Superlega nata, e subito abortita, in Europa, contro il volere della Uefa.
L’edizione “ridotta” 2023 partirà, come visto, il 20 ottobre a Dar es Salam (in Tanzania) e terminerà con la gara di ritorno della finale prevista per l’11 novembre e vedrà la partecipazione di otto squadre tra le più famose e vincenti del continente, provenienti da tre blocchi regionali africani: la regione nord rappresentata da tre squadre, la regione centro-occidentale con due e la regione sud-est con tre.
Le compagini provenienti dalla regione nord sono gli egiziani dell’Al-Ahly (campioni d’Africa in carica, vincitori di ben undici Champions League africane e seconda squadra più titolata del mondo dopo il Real Madrid), i tunisini dell’Espérance Tunisi (vincitori di quattro Caf Champions League) e i marocchini del Wydad Casablanca (vicecampioni in carica, e vincitori di tre Champions africane, tra cui la penultima). I club della regione centro-occidentale sono i nigeriani dell’Enyimba International (due Caf Champions League al loro attivo) e i congolesi del Tout Puissant Mazembe (vincitori di cinque Champions League continentali nonché prima finalista africana, nel 2010, in un Mondiale per Club, nell’edizione poi vinta dall’Inter di Rafael Benitez); completano il quadro i sudafricani del Mamelodi Sundowns (vincitori della CAF Champions League nel 2016), gli angolani dell’Atlético Petróleos de Luanda e il Simba Sports Club (Tanzania) in rappresentanza della regione sud-orientale.
Se si considera che allo svolgimento della suddetta Africa Football League si aggiunge anche l’ormai imminente riforma della nostra Champions League (che dall’anno prossimo non vedrà più i canonici otto gironi da quattro squadre ciascuno bensì un solo “gruppone” da trentasei squadre, quasi come se fosse un campionato unico “transnazionale”, nel quale ogni singola compagine giocherà almeno otto gare, quattro in casa e quattro in trasferta, contro otto avversari differenti) e che, sempre nel 2025, si svolgerà la prima edizione del nuovo Mondiale per Club, che si terrà con cadenza quadriennale e che non sarà più aperto soltanto alle squadre vincitrici delle rispettive Champions League, bensì vedrà la partecipazione (sempre per meriti sportivi e non “per invito”…) di ben trentadue compagini provenienti da tutto il mondo, la domanda nasce spontanea: ma nel calcio del futuro, ci sarà ancora spazio per i singoli campionati nazionali o tutti questi vari tornei internazionali, che, come visto, vedono la partecipazione e il coinvolgimento di un numero sempre maggiore di squadre, finiranno pian piano per soppiantarli sostituendosi ad essi o riducendoli al rango di tornei sempre più marginali?