Anche La Nacion ha intervistato Zanetti per i suoi 50 anni, e – incredibilmente – non gli ha chiesto niente sul tradimento di Lukaku…
Anche La Nacion ha intervistato Javier Zanetti per il suo cinquantesimo compleanno. E, incredibilmente, non gli hanno fatto alcuna domanda sul tradimento di Lukaku. Però è un’intervista molto bella lo stesso. Lunghissima. Piena di aneddoti. Zanetti racconta che il Pupi in origine non era lui, era il fratello Sergio. Lui era il “fratello del Pupi”. Poi piano piano ha assorbito il soprannome. E racconta che il suo secondo nome, è Adelmar perchè così si chiamava il medico che l’aiutato a sopravvivere quando è nato con un serio problema respiratorio. Ora ci scherza: “Sono nato con un problema respiratorio, e poi ho passato la mia vita a correre dentro un campo. I tifosi dell’Inter lo chiamavano 7 polmoni
Racconta un aneddoto su Mourinho, che dice molto di come il tecnico della stringa rapporti con i suoi giocatori:
“Mi ha chiamato prima di chiunque altro quando ha firmato per l’Inter. Ero a Roma, anch’io in scalo per Buenos Aires, e il mio cellulare squilla. ‘Ciao Javier, sono José Mourinho. Ho appena firmato con l’Inter e sono il tuo nuovo allenatore; sarai il mio capitano. Non vedo l’ora di iniziare a lavorare insieme e mi dispiace per il mio italiano’. Parlava un italiano perfetto e non aveva ancora mai allenato in Italia. È stato allora che ho capito quanto fosse preparato e coinvolto, mi ha scioccato. ‘Questa è roba seria’, pensai”.
Ha perdonato Pekerman e Maradona per non averlo portato ai Mondiali del 2006 e del 2010: “Non sono io a perdonare nessuno e non porto rancore. Ho incrociato Diego e lui mi ha detto ‘Pupi, ci dobbiamo prendere un caffè perché voglio spiegarti…’, ma hai visto com’era Diego… Impossibile arrabbiarsi con Diego, questa è la verità. Quello del 2006 mi ha fatto più male perché non c’era bisogno di arrivare un mese prima della Coppa del Mondo e dirmi che sarei stato escluso. Avrebbe potuto farlo molto prima”.
Zanetti è uno che non s’arrabbia quasi mai. Ha giocato per una sola squadra in Europa, e ha avuto una sola donna nella vita. Ci è riuscita la Juventus… “Mi sono molto arrabbiato per un episodio che ha coinvolto la Juventus quando ci siamo qualificati per l’ultima finale di Coppa Italia, qualche mese fa. L’atteggiamento delle persone che lavorano per il club mi ha infastidito molto”.
Parla del suo futuro. Ora è vicepresidente dell’Inter, vice del comitato per le competizioni della Fifa, del consiglio della Uefa e rappresentante della Conmebol nella Fifa. Ha le idee chiare: vuole diventare il primo presidente argentino della Fifa. “Quando ho smesso di giocare, ho capito subito che dovevo prepararmi, allenarmi. Studio. Con l’umiltà di capire che una tappa era finita e un’altra ne cominciava. Ho dovuto ricominciare da capo. E condividi la giornata con altri studenti. E continuo a studiare perché il mondo cambia ogni giorno. Non voglio essere identificato solo come leader del calcio, dell’area esclusivamente sportiva. Voglio sentire che può essere utile per il marketing, per la finanza, per le pubbliche relazioni. Il club cresce anche in altri ambiti: perché il calcio sia sostenibile, ci sono altri ambiti che devono crescere anche in un club. Nella dirigenza calcistica, come in un’azienda, bisogna formare squadre. E devi avere un leader, fissare obiettivi e pezzi che assumano il loro ruolo”.
“Mi piace di più il campo internazionale. La Fifa non ha mai avuto un presidente argentino, giusto? Ciò non significa che non mi piacerebbe essere presidente dell’Afa, sarebbe anche una bella esperienza, ma ho già sviluppato una vita molto internazionale. Per come è stata la mia carriera, e per tutti i rapporti che ho instaurato, la Fifa è un obiettivo e sembrerebbe lo sbocco più naturale per il mio profilo”.