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Caszely il bomber che negò il saluto a Pinochet: «I calciatori hanno l’obbligo morale di parlare di politica»

Caszely intervistato dal Mundo: «Per questo non mi prese il Real Madrid franchista che cacciò Breitner dopo la foto col poster di Mao»

Caszely il bomber che negò il saluto a Pinochet: «I calciatori hanno l’obbligo morale di parlare di politica»
Picture taken 06 April 1987 of Augusto Pinochet, then Chilean dictator, appearing with Pope John Paul II at the balcony of La Moneda in Santiago. (Photo by MARCO UGARTE / AFP)

Carlos Caszely è stato uno dei migliori attaccanti del campionato spagnolo degli anni 70, e ed è ricordato come il calciatore che negò il saluto ad Augusto Pinochet. E che per questo ha “pagato” in carriera. El Mundo ha intervistato l’ex attaccante cileno del Levante e dell’Espanyol, a 50 anni dal suo arrivo in Spagna. Persino il suo ingaggio è circondato da un certo mistero: “Dopo un’amichevole a Siviglia con il Colo Colo, nella quale ho segnato un gol, il presidente del Levante Manuel Grau Torralba, si è avvicinato con un rappresentante di nome José Luis Torcal, per assumermi. Grau temeva che sarei tornato in Cile a causa della turbolenta situazione politica, quindi non ha esitato a seguirmi in Francia, che, insieme all’Italia, aveva già rotto i rapporti con il mio paese a causa del colpo di stato. Ed è stato a Parigi che tutto è stato risolto”.

Poteva andare al Real Madrid. Ma si parla di un veto da parte del generale Franco: “Non penso che sia stato direttamente Franco, ma non va dimenticato che Paul Breitner è stato cacciato poco dopo quelle famose fotografie accanto a un poster di Mao. Anni dopo, dopo una grande stagione all’Espanyol, dove abbiamo raggiunto le semifinali di Coppa, Johan Cruyff mi ha chiesto di andare al Barcellona. Non avevo nemmeno un rappresentante e il presidente dell’Espanyol mi ha detto: “Se ti vendo al Barça, devo lasciare la città”.

Anche in mondo nel quale i calciatori non riescono ad andare oltre le solite frasi fatte svuotate di ogni senso, Caszely crede che Il calciatore ha l’obbligo morale di entrare nelle questioni politiche. Perché siamo prima persone e poi calciatori. Proprio come sei una persona prima di essere un giornalista. Perché gli attori possono partecipare a queste questioni e i calciatori no? Abbiamo tutti una parte di responsabilità per migliorare le cose”.

E’ un antesignano: nel 1978, prima di tornare al Colo Colo per otto milioni di pesetas, rifiutò un’offerta per giocare in Arabia Saudita. “Oggi il calcio è denaro. A quel tempo, mi era già stata offerta una quantità enorme di soldi, ma quella non era la vita. Potrei adattarmi, ma non mia moglie, né le mie due figlie. Mia moglie non poteva indossare una minigonna, o andare fuori con il viso scoperto”.

Sarà sempre sempre ricordato per il momento in cui si rifiuta di salutare Pinochet, durante il ricevimento nell’edificio Diego Portales prima di partire per i Mondiali del 1974. “Non volevo partecipare a quell’incontro. Era una situazione molto tesa, ma ricordo ancora un enorme silenzio prima che si avvicinasse e lo sguardo aspro, sporco e duro di Pinochet“.

Riconosce di aver fallito nei suoi due Mondiali con il Cile, nel 1974 e nel 1982: “Lo ripeto ancora, perché non ho paura della parola fallimento. L’unica cosa che mi spaventa è non riuscire a rialzarmi da ogni fallimento”.

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