A L’Avvenire: «Il pallino ce l’hanno le proprietà. Per adesso gli arabi non sono un problema, portano risorse e non toccano i giovani italiani»
Pantaleo Corvino è uno dei dirigenti sportivi con più esperienza in Serie A e in questa stagiona l’ha al servizio del Lecce. I salentini in questo momento si ritrovano al terzo posto della classifica con merito. D’Aversa sta sfruttando al massimo il capitale umano a disposizione.
Corvino, quando si tratta di costruire una squadra e scovare talenti, non è secondo a nessuno. L’intervista all’Avvenire:
«Propongo di inserire come Patrimonio dell’Unesco i tifosi, gli arbitri, molti allenatori e qualche direttore sportivo. Mettiamoci pure qualche giornalista che sa ancora raccontare questo calcio con un po’ di obiettività e se ci scappa anche un pizzico di poesia meglio ancora».
Nella sua lista mancano i presidente:
«Per tutte quelle categorie elencate ci sono corsi e si richiedono almeno uno studio preventivo per farne parte. Una volta i presidente erano imprenditori seri e capaci che dopo aver acquistato il club allestivano intorno a sé un management adeguato come se stessero curando l’azienda di famiglia. Oggi invece sono entrati in gioco le multinazionale, comandano i fondi di investimenti. Le app virtuali e le intelligenze artificiali hanno la meglio sull’elemento umano. Non va bene. E allora forse è tempo di istituire dei corsi a Coverciano per molti presidenti».
E i procuratori?
«Quello dei procuratori è un falso problema, come la storia dei troppi stranieri nelle rose delle nostre squadre. Il pallino in mano ce l’hanno sempre le proprietà, perciò se vuoi pagare un giocatore o un procuratore con il prezzo giusto, che sia straniero o italiano, puoi ancora farlo».
Gli sceicchi un altro falso problema:
«Per ora gli arabi portano risorse economiche e non estirpano il patrimonio dei nostri giovani. Se in futuro invece di accontentarsi di ingaggiare vecchi campioni a fine carriera prenderanno i migliori millennials italiani, allora ci sarà da preoccuparsi, ma per adesso il pericolo non c’è».