Da un lato gli uomini a una dimensione, solo calcio (Mazzarri, Sarri, Spalletti), dall’altro tecnici dalla visione più estesa (Benitez, Ancelotti e Garcia)
Massimo D’Alessandro, brillante giornalista sportivo, mi ha posto nel corso di una intervista radiofonica la seguente domanda: i tecnici del Napoli possono essere divisi in due blocchi, lasciando fuori Gattuso un po’ un caso a parte. Il primo blocco comprende Mazzarri, Sarri e Spalletti. Il secondo Benitez, Ancelotti e Garcia. Verso i due blocchi i tifosi sembrano avere due distinti atteggiamenti. Un legame viscerale con gli uomini del primo blocco . Una certa indifferenza verso quelli del secondo. Come mai? Quale la differenza al di là dei risultati conseguiti?
Intanto a fare la differenza sono proprio i risultati. Mazzarri fu il primo tecnico ad ottenere successi che andavano oltre la caratura tecnica della squadra. Sarri costruì un giocattolo che incantava tutti. E sul lavoro di Spalletti impossibile trovare aggettivi fin qui non adoperati. Ha incantato l’Europa.
Per quanto riguarda il secondo terzetto Garcia non ha ancora avuto il tempo di palesarsi. E gli altri due, giunti in una fase di cambiamento molto delicata, hanno racimolato risultati apparsi deludenti. Ma la differenza più profonda è nella differente visione della vita. Mazzarri, Sarri e Spalletti per molti aspetti sono apparsi uomini ad una dimensione. La cui giornata era interamente assorbita dal calcio. Chiusi nel luogo di lavoro erano dei veri e propri talebani del calcio.
Indifferenti a tutto quanto non fosse legato alle prestazioni della squadra. Schemi, moduli, allenamenti, rifiniture, ore a rivedere partite alla caccia degli errori e degli elementi da perfezionare…. Per lo più lontani dalla vita cittadina. Almeno così mi sono apparsi. Insomma come detto uomini di straordinario valore ma ad una dimensione.
Benitez e Ancelotti, e per quel che si scorge anche Garcia, invece non vivono solo di calcio. Abitano in città. Magari vanno al cinema e a teatro. Insomma abituati a considerare il lavoro, di campo e non, come uno dei tanti aspetti della vita. Non l’unico certamente. Ne viene perciò di conseguenza che al di là delle vittorie di trofei (che nel caso di Mazzarri e Sarri non sono stati epocali) la dimensione quasi ascetica dei personaggi, sempre lì impegnati a gettare il cuore oltre l’ostacolo, con il volto marcato dalla fatica ed i modi scorbutici del nevrotico ha colpito l’immaginazione ed il cuore dei tifosi.
Certo trovarsi a cena, per esempio, con Carlo Ancelotti e poter chiacchierare con lui non soltanto di calcio, era cosa estremamente gradevole. E se poi si parlava di calcio ne ricevevi una rappresentazione antieroica e demitizzata. Priva di elementi di fanatismo e di eccessi di autoesaltazione. Più o meno lo stesso dicasi per Benitez. E, a quanto appare, per “il francese”. Su di me – ma è una posizione fortemente personale – i fanatici ad una dimensione non hanno mai esercitato una grande attrazione.