Esultiamo per il 2-2 in casa del Genoa. Perdevamo 2-0 fino al 76esimo. Una squadra senza né capo né coda e la cosa non ci sorprende
Gemoa-Napoli finisce 2-2 e i tifosi si ritrovano A esultare per lo scampato pericolo, per aver agguantato una partita che sembrava perduta.
Per 76 minuti la prestazione del Napoli è stata tra lo sconcertante e l’imbarazzante. Nessuno avrebbe mai detto che la squadra vista a Marassi era più o meno la stessa che quattro mesi fa ha vinto lo scudetto e la scorsa stagione ha fatto innamorare gli appassionati di calcio. Squadra senza né capo né coda. Garcia voleva il Napoli verticale e invece sono tornati i passaggetti inutili che tanto piacciono ai tifosi del calcio contemporaneo. Nel primo tempo Osimhen ha toccato la miseria di undici palloni. Non torniamo su Lobotka, ormai è chiaro a tutti che la manovra azzurra non passa da lui.
Il Napoli era sotto di due gol a Marassi al minuto 56. In maniera tutto sommato meritata. Non tanto per quanto mostrato dal Genoa che resta una squadra modesta, quanto per quel che non ha mostrato la formazione di Garcia. Non uno straccio di idea, di canovaccio di gioco. Tutto affidato all’estro dei singoli che – per carità – nel Napoli non mancano. Ma sembravano smarriti anch’essi.
Tra i singoli c’è anche Raspadori che Garcia ha mandato in campo sul 2-0. Ieri in conferenza aveva detto che non aveva guardato la partita della Nazionale. Forse ha scoperto Raiplay e si è aggiornato. Raspadori non si è smentito e su uno dei primi palloni toccati, ha fatto partire il sinistro che ha cambiato la partita. Ha riacceso la speranza. Nove minuti ed è arrivato il pareggio. Altro gran bel gol, ancora di sinistro. Stavolta l’ha segnato Politano miracolosamente guarito dall’infortunio muscolare in Nazionale.
Questa è la cronaca. Dopodiché ci sarebbe l’analisi. E qui non possiamo che essere impietosi. Il Napoli ha evitato la sconfitta ma non la sensazione che tra Garcia e la squadra non sia scattata la scintilla. La squadra ha pareggiato solo perché è nettamente più forte del Genoa. Così non si va lontano. E la stagione è appena cominciata.
De Laurentiis farebbe bene a riflettere sulle sue scelte, a cominciare da quella del tecnico. C’è un progetto dietro questa squadra? Se sì, allora è giusto perseverare. Altrimenti sarebbe il caso di interrogarsi. Non vorremmo tornare su quanto già scritto ma purtroppo non c’è sorpresa in quel che sta accadendo nel Napoli.
Napoli ha visto andare via Spalletti, Giuntoli, Kim, e nessuno ha fiatato. Al posto del sud-coreano è arrivato Natan oggetto misterioso che non è mai sceso in campo. Spalletti è stato sostituito da Garcia: De Laurentiis lo ha presentato come l’uomo del 4-3-3 e il francese lo ha smentito alla prima risposta. Non si capisce che gioco abbia questo Napoli. Preferiamo non commentare la sostituzione di Kvaratskhelia con Zerbin.
Il lavoro di Garcia è certamente insufficiente. Ma facciamo fatica a scorgere l’elemento sorpresa. Garcia era un tecnico dimenticato, finito anche in Arabia Saudita. È arrivato perché in tanti, in troppi, hanno detto no ad Adl. Non hanno voluto allenare la squadra campione d’Italia. In qualsiasi città si sarebbe aperto una discussione su questo. Invece la fu assurda contestazione a De Laurentiis si è trasformata in fideismo. A Napoli con la conquista dello scudetto si è del tutto azzerata la già minima capacità critica. La città che è stata di Benedetto Croce, Gaetano Filangieri, Giambattista Vico, ridotta a un dibattito ridicolo. Nullo. Perché De Laurentiis ha vinto lo scudetto e quindi può stabilire anche lo ius primae noctis. Nessuno si opporrebbe. E non è una buona notizia.
Ci ritroviamo a esultare per un pareggio strappato con i capelli a Genova. Se serve a scuotere De Laurentiis ubriacato dal successo, allora c’è speranza. Altrimenti ci aspetta una stagione molto complicata. Molto diversa da come in tanti, lasciandosi cullare dalle illusioni, avevano immaginato. Una squadra è un giocattolo delicato, con equilibri delicati e precari. Non basta avere giocatori forti.