Il Corriere intervista Bruno Gambarotta. «In tv gli ascolti sono tutto. Al Costanzo Show li seguivano in diretta e se un ospite non funzionava, non parlava più»
Il Corriere della Sera intervista Bruno Gambarotta, giornalista e conduttore televisivo, è stato un volto noto della nostra televisione.
Al bar con Bruno Gambarotta, sotto casa sua a Torino, dove vive da quasi settant’anni. Quartiere della Crocetta: «Primo Levi abitava proprio qui di fronte. Era così gentile, diceva sempre sì. Quando lavoravo alla sede Rai di Torino lo invitavamo per un’opinione su tutto: la Torino magica, la Torino delle sartine… Poi ci telefonò: “Abbiate pietà, non chiamatemi più”. Qui vicino stavano Einaudi, Ginzburg, Bobbio, Arpino, Pitigrilli… Torino era la città della cultura».
Quest’estate invece è diventata la città dell’affaire Segre-Seymandi, il banchiere che ha pubblicamente lasciato la compagna durante la festa di fidanzamento.
«Siamo rimasti sgomenti. È stato un momento tragico per noi cultori della torinesità: in un istante è stata sepolta una tradizione secolare di riservatezza sabauda. Ci vorrebbe un conclave per ricostruire la reputazione della città».
A quei tempi viveva della fama improvvisa arrivata con «Fantastico ’87».
«Nell’87 affidarono “Fantastico” a Celentano che sapeva niente di tv. Così mi misero accanto a lui per spiegargli i meccanismi. Impossibile: Adriano era totalmente refrattario a tutto, improvvisava e basta. I suoi proverbiali silenzi? Semplicemente non si ricordava cosa dire. Poi fece una gaffe clamorosa: spiegando un concorso disse il nome di uno sponsor al posto di un altro. La settimana successiva per non impappinarsi Adriano chiamò me sul palco per illustrare il funzionamento del premio, e d’un tratto divenni famoso».
Gli ascolti sono tutto?
«I numeri sono una condanna. Ricordo che dietro il palco di Costanzo c’era il suo autore Alberto Silvestri — il padre del musicista Daniele — che controllava i dati in tempo reale: se un ospite non funzionava, faceva un cenno a Maurizio e il malcapitato finiva nel dimenticatoio tutta la puntata».
Com’era Camilleri?
«Aveva un vero talento per il racconto orale. L’ho poi incontrato tanti anni dopo a Torino. Lo andai a prendere all’Albergo Roma. Era turbato. Pensando di fargli un piacere, il proprietario dell’hotel gli aveva proposto di dormire nella stanza in cui si era suicidato Pavese».