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Il Napoli di Garcia ricorda la frase “chi fa una rivoluzione a metà, è già un uomo morto”

La Roma di Garcia non avrebbe mai preso quei gol. Al di là di Meret, erano evitabili con altri movimenti difensivi. Di Juan Jesus e Rrahmani

Il Napoli di Garcia ricorda la frase “chi fa una rivoluzione a metà, è già un uomo morto”
Lazio's Italian forward #17 Ciro Immobile fights for the ball with Napoli's Brazilian defender #05 Juan Jesus during the Italian Serie A football match SSC Napoli vs SS Lazio at the Diego Armando Maradona Stadium in Naples, on September 2, 2023. CARLO HERMANN / AFP

Sono personalmente preoccupato, molto preoccupato.

Anche se ieri, per la verità, pure si è visto un ottimo primo tempo, sebbene in questo già si siano pure intravisti quegli errori singoli e di squadra che hanno caratterizzato un secondo tempo da film degli orrori per gli strafalcioni, per la confusione di idee e di approcci alla giocata ed alle fasi di gioco che si sono visti in campo.

Qui, si badi bene, è necessario innanzitutto correre ai ripari rispetto ai principi di gioco preliminari, cioè a quello che si vuole dai propri calciatori, insomma dal tipo di calcio (come dicono quelli che pensano di essere seri) che si vuole proporre.

Perché, e di questo chi scrive è pienamente convinto, quei principi per cui “voglio tenere il buono che c’era, apportando un po’ di mie idee” nel calcio, come nella vita, è destinato a naufragi ridicoli.

Sentii dire anni fa che “chi fa una rivoluzione a metà, è già un uomo morto”: ecco, mai detto fu per me più vero, e la sua declinazione la si può verificare anche nello sport, e più precisamente negli sport di squadra.

Insomma, si ritiene di voler giocare più verticale (recte: in contropiede, sul modello della prima Roma con Gervinho e Salah che dovrebbero essere  i tuoi Osimhen e Kvaratskelia), e quindi si ritiene che, per fare ciò, ti serva lasciare il pallone agli altri mettendoti in otto dietro alla traccia del pallone in due linee chiuse ed ermetiche per recuperare palla e sbatterla in due tocchi nello spazio che vanno ad aggredire le tue frecce? Si ritiene che, quindi, l’assenza di un difensore come Kim, necessario per i  recuperi a campo aperto quando invece sono gli avversari che ti prendono in contropiede (a te che invece tieni il pallone  e porti otto uomini davanti alla sua linea), non sia così drammatica?

Bene.

Ma allora come diavolo si fa a prendere due gol (uno valido, l’altro annullato grazie ad una regola che forse è una delle ragioni per cui i ragazzini hanno smesso di guardarsi le partite di calcio) come quelli che hai preso, in cui la Lazio ti ha infilato a campo aperto  propro perché eri tu ad avere: a) la difesa a 50 metri alla tua porta, senza che ci sia nessuno in grado di tenere i duelli di corsa a campo aperto; b) otto effettivi davanti, invece che dietro alla linea del pallone?

Insomma, come si vuole giocare: come l’anno scorso (ed allora la mancanza dell’acquisto in sostituzione di Kim è quasi un’eresia), o sul modello Garcia (ma allora non li prendi due gol del genere)?

Questo solo per soffermarsi sulla confusione di idee che sembra innanzitutto albergare nel tipo di approccio che si vuole avere alla partita, ed altro che fandonie sul camaleontismo che si pretendere da propri giocatori.

Perché poi, a questi, si possono aggiungere decine di errori individuali (oltre che di reparto) in cui ieri sera è incorso il Napoli.

Per esempio, dopo (anzi, durante) l’azione del contrasto (anzi, del corpo a corpo) perso da Zielinski (ma tu guarda…) contro Anderson, c’era una frazione di secondo in cui Juan Jesus poteva ed aveva la possibilità, mentre il pallone era “libero” e l’ala destra della Lazio (un giocatore fenomenale, mai troppo celebrato per quanto merita) era ancora in procinto di rialzarsi, di andarlo ad aggredire quel pallone.

O quanto meno di provare un nuovo uno contro uno anche a costo di far fallo e beccarsi un giallo.

Invece, il giocatore brasiliano legge l’azione in modo classico e scolastico e, vista la palla “scoperta” (ma avrebbe potuto “coprirla” lui), scappa verso la porta, ignaro del fatto che così facendo lascia proprio ad Anderson la possibilità di puntare l’area e portarlo per almeno 25 metri letteralmente indisturbato.

Oppure, ancora, nell’azione del gol annullato a Zaccagni, che motivo ha Rrahmani di andare a pressare direttamente il primo ricevente palla sul lancio di Hysaj, insomma di rompere la linea e lasciarsi, così, 50 metri di campo libero dietro (per non parlare dello scoordinamento totale con cui centrocampisti e reparto difensivo affrontano quella fase di gioco)?

E mi verrebbe da dire: che motivo c’è di considerare Rrahmani, che al massimo può essere un buon comprimario di una difesa a 4 in cui l’altro centrale sia uno al livello di Kim, lui stesso il perno di tale reparto (e cioè di considerarlo il Kim di turno)?

Che ragione c’è, se davvero si vuole impostare il gioco in modo verticale e veloce, di impostare l’azione con la classica “salita lavolpiana”, e cioè allargando i due centrali e facendo scendere il centrale (Lobotka) o talvolta pure Anguissa (come ho spessissimo visto fare ieri), senza rendersi conto che, così facendo, si perdono 30 metri di campo?

Ed ancora, l’anno scorso riempivamo l’area con almeno 4/5 giocatori già durante le fasi di gioco in cui sulle fasce c’erano sovrapposizioni che liberavano il terzo uomo al cross: ieri sera, nel secondo tempo, con reparti così slegati come non li vedevo da anni e anni, non portavamo in area nessuno a rimorchio di Osimhen. Nessuno.

Un secondo tempo disastroso, insomma, in cui, me lo si lasci dire, la sostituzione di Kvraratskelia è la cosa che meno mi ha colpito, perché il ragazzo ad un certo punto sembrava vagare senza metà in campo, ignaro che si può giocare a pallone anche se ti levano dalla mattonella da cui provi e riprovi quei continui dribbling ad entrare ed uscire che producono più spesso il campo che finisce che altro.

Il primo gol è frutto di due giocate capolavoro di Anderson e Luis Alberto, a cui si accompagnano, però, letture e giocate difensive disastrose del Napoli.

Olivera si perde per l’ennesima volta l’ala destra brasiliana (come fai a farti scavalcare così da una classica palla alzata sopra la linea difensiva e lanciata in quello spazio in cui dovresti esserci tu, invece di rompere la linea per andare a portare una pressione inutile all’avversario), il quale lo recapita (con un tocco pizzicato geniale) in area a Luis Alberto che, a sua volta, solo davanti al portiere lo infila con un colpo di tacco.

Ora, lasciando stare Meret, che in condizioni di normalità di squadra si dimostra un portiere del tutto ordinario, perché Rrahmani non è subito “scivolato” sull’avversario libero davanti a lui, rimanendo in una posizione inutile e lasciando lo spagnolo libero di inventare il gol che ha inventato?

Dopo il gol del pareggio, che pure nasce da una delle poche cose che mi trovano d’accordo dell’approccio di Garcia, e cioè che bisogna tirare in porta perché i gol si fanno anche (ed in alcune partite soprattutto) così, ne subiamo uno da Kamada impressionante per come si sviluppa l’azione.

Che, appunto, parte come sopra accennato in seguito ad un corpo a corpo perso da Zielinski e vinto da Anderson, il quale, dopo aver portato palla indisturbato, la mette rasoterra in mezzo per i due che arrivano a traino: il primo (Luis Alberto) la fa scorrere con un velo geniale per il secondo (appunto, Kamada) che gli arriva dietro, il quale ha tutto il tempo di controllarla e tirare ad incrociare.

Ora, premesso che, giusto per fare un esempio, lo Julio Cesar del triplete quel tiro lo blocca addirittura, la questione è: perché (ancora lui) Rrahmani invece di andare a pressare corpo a corpo Kamada, sceglie una difesa posizionale e lo lascia prepararsi il tiro e calciare il pallone letteralmente indisturbato?

Qualcuno potrà dirmi: perché se esce in questo modo lascia lo spazio per il passaggio di Kamada a Immobile, che è alla sua sinistra completamente libero.

Bene, rispondo io: ma se lo è, è perché Juan Jesus (ancora lui), invece di “scivolargli” addosso e marcarlo come avrebbe dovuto, sceglie di rimanere in una posizione (davanti a Meret) che non è giustificabile.

Di più non mi viene da scrivere, perché sono molto arrabbiato.

Mi si perdoni.

Alla prossima.

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