El Paìs racconta che il suo licenziamento era una condizione non negoziabile per non abbandonare il ritiro della Nazionale
Ci voleva la destituzione di Andreu Camps per disinnescare il boicottaggio della nazionale femminile spagnola (anche se da oggi “femminile” non si può dire più). E’ lui, l’ormai ex segretario generale della federcalcio spagnola “il primo grande passo verso l’eliminazione del rubialismo che ancora continua a manovrare dall’interno a favore del presidente dimissionario”, come lo definisce El Paìs che ne fa un ritratto.
E’ una figura molto “italiana”, Camps. Un burocrate perfettamente introdotto, difficilissimo da estirpare nonostante fosse finito “sotto i riflettori delle giocatrici per la sua scontrosità nei loro confronti durante le varie trattative in cui è intervenuto”. Ci sarebbe lui, secondo fonti della stessa federazione, nella pubblicazione delle dichiarazioni contro Jennifer Hermoso.
Le giocatrici, spiega El Paìs, “hanno percepito Camps come una delle armi esecutive di Luis Rubiales e il suo licenziamento era una condizione non negoziabile per non abbandonare il ritiro”.
Camps si era battuto in maniera esplicita per tenere Rubiales al suo posto, e questa cosa aveva indispettito non poco, anzi “irritato” Víctor Francos, presidente del Consiglio Superiore dello Sport. Insomma, lo volevano cacciare già. Ma nessuno pareva in grado di farlo, per i risvolti interni alla federazione che avrebbe scatenato. La protesta delle nazionali ha innescato la scintilla.
“Rocha e i baroni che ne sostenevano la continuità sostenevano che si trattava di un pezzo essenziale per la sua conoscenza dei dettagli della federazione, e che, grazie ai suoi contatti internazionali, era fondamentale nella candidatura della Spagna per organizzare la Coppa del Mondo 2030”. Cosa, quest’ultima categoricamente smentita da varie fonti consultate dal giornale spagnolo.