I Coldplay e Bono l’hanno riportata sulla mappa dei grandi eventi. E Liberato, Geolie, Luchè, Nu Genea sono i volti del cambiamento
Uno dei film più sottovalutati (e geniali) interpretati da Massimo Troisi in veste di attore, è sicuramente “No, grazie, il caffè mi rende nervoso” di Lodovico Gasparini. Per quei pochi che non lo sapessero, la trama è incentrata sulle vicende di “Funiculì Funiculà”, un “maniaco” completamente ostile (eufemismo) alla modernizzazione culturale di Napoli, all’abbandono della tradizione.
Il film è del 1981, ma, se vogliamo, ha anticipato di quarant’anni quella che sarebbe stata la “rinascita pop” della città partenopea negli anni Venti del Duemila. Già, perché al netto di tutti i problemi che affliggono quotidianamente il capoluogo campano, Napoli è realmente cambiata, e il suo ingresso nell’immaginario della cultura pop nazionale ed internazionale, è innegabile. Dalle produzioni cinematografiche a quelle musicali.
Chi scrive, è un grande fan dei Coldplay e mai nella vita avrebbe immaginato di assistere a un live della band inglese allo stadio “Diego Armando Maradona”. Quando lo scorso giugno Chris Martin ha imbracciato la sua chitarra e ha iniziato a intonare le prime note di “Napul’è”, si è finalmente chiuso un cerchio: Napoli era sulla mappa dei grandi eventi. Come non accadeva da decenni.
E cosa dire dell’attuale scena italiana? Da Geolier a Luchè, da Davide Petrella ai Nu Genea, Napoli si è presa pure le classifiche radiofoniche. Artisticamente viene percepita non più solamente come un luogo legato alla tradizione classica (quella tanto cara a “Funiculì Funiculà”, ma come il vero volano della discografia italiana. Prendete Liberato, la popstar mascherata. Lui rappresenta un immaginario nell’immaginario. I Daft Punk mixati con la musica neomelodica e le atmosfere trap. Uno che ha preso la tradizione napoletana dei primi del Novecento e l’ha mescolata con le sonorità d’oltreoceano. E i suoi tre concerti consecutivi, tenutisi a piazza del Plebiscito, stanno lì a dimostrare quanto la città ferva, di come viva di luce propria e non più dei riflessi opachi provenienti da altre parti del mondo.
E se persino un certo Bono Vox, qualche mese fa, ha deciso di presentare il suo ultimo libro al teatro San Carlo (unica tappa italiana), vorrà pur dire qualcosa. Di certo, la Napoli attuale è un po’ meno fatalista e maggiormente consapevole delle proprie risorse. E dei propri difetti. Meno crogiolata sugli allori e più orientata verso il futuro. Napoli è diventata pop. Come le facce di Oshimen e Kvara raffigurate sui murales sparsi in giro per i vari quartieri. Come quelle dei protagonisti di “Mare Fuori”. Con buona pace di Funiculì Funiculà.