Deve difendersi dai fan di Federer che non è Rogers Waters nonostante la sua eterna grandezza. Così come Nadal non è Gilmour
Non è mica una colpa vincere. E non lo è nemmeno dominare gli avversari. Fateci caso, gli sconfitti spendono sempre molte parole, forse per coprire a suon di giustificazioni le proprie debacle. Pure Djokovic parla spesso, mai banalmente, però. Anzi, se proprio vogliamo dirla tutta, il vecchio Nole (da me ribattezzato “DjokoCop” per motivi che non farete fatica ad intuire), il più delle volte lascia che sia la sua racchetta a parlare per lui. Come è accaduto durante gli ultimi “Us Open”. Come è accaduto negli ultimi vent’anni. E nell’aria già sento gli strali da “Tennisteria” acuta (altro personale neologismo, creato dalla fusione delle parole “tennis” ed “isteria”) dei fan dello “Zio Roger” (Federer), – irriducibili e snob – tipo quelli dei Pink Floyd. Gli stessi che si crogiolano dietro il rovescio a una mano ed i bei tempi che furono. Federer, però, non è Waters. Nonostante la sua eterna grandezza. Così come Nadal non è Gilmour.
Djokovic, sottovalutato com’è, potrebbe essere Richard Wright, invece. Uno che si è sempre fatto il mazzo e che non è mai stato celebrato abbastanza. Il serbo, comunque, se ne frega e continua a mietere successi su successi, slam su slam (ven-ti-quattro), senza lasciare prigionieri. Provateci voi a gettare il cuore oltre l’ostacolo quando tutti o quasi – da anni – vi tifano contro (manco foste Ivan Lendl), quando persino un ragazzotto come Shelton se la ride sotto i baffi pensando di provocarvi. Provateci voi, in quei momenti, a mantenere una calma serafica ed un atteggiamo positivo. Provateci voi a battere Medvedev in finale per tre set a zero e farlo sembrare facile come far passare il badge aziendale. No, questa non vuole essere un’esaltazione di Djokovic, assolutamente. Anche perché, chi vi scrive, è più vicino agli underdog tipo Davidovich Fokina che ai fuoriclasse di questo sport. Si tratta semplicemente di onestà intellettuale. Di mera giustizia. Di dare a Nole quel che è di Nole (scusa, Cesare!).
Non sarà un simpaticone (nonostante le sue velleità da istrione), non avrà gestito al meglio la vicenda vaccino, ma sul campo da tennis, Djokovic, è una sentenza. Un gladiatore che non abbassa mai lo sguardo, neanche per allacciarsi le scarpe. Del resto, uno che ha Ivanisevic nel suo staff tecnico vi ha già detto tutto. O, almeno, vi ha già sciorinato quella che è una delle sue idee di tennis. Ad ogni modo, fra sei, otto, sedici anni, probabilmente, Djokovic sarà ricordato come il tennista più grande di sempre e nel novero dei titani dello sport in generale. Magari, sarà realizzato pure un film sulla sua vita. “DjokoCop” potrebbe essere un titolo azzeccato, non vi pare?