ilNapolista

Pantaleo Corvino: «Il sesso fa sempre bene. Una trombata non altera le prestazioni dei calciatori»

A Il Fatto: «Sono incazzato nero con mio figlio: è nato l’unico erede Corvino e non lo ha chiamato Pantaleo. È un bel nome bellissimo, lo adoro».

Pantaleo Corvino: «Il sesso fa sempre bene. Una trombata non altera le prestazioni dei calciatori»
FIORENTINA-NAPOLI SERIE A Db Firenze 29/08/2010 - campionato di calcio serie A / Fiorentina-Napoli / foto Daniele Buffa/Image Sport

Il Fatto intervista Pantaleo Corvino, direttore tecnico del Lecce. A dicembre compirà 74 anni. Corvino parla del calciomercato, che per fortuna è finito.

«È come stare in sala parto, quando sono le ultime ore… Non dorme e non mangia».

Qual è l’“io” di Corvino?

«Ho imparato a risolvere prima le questioni, non arrivo mai strozzato, o almeno cerco di evitare».

Corvino è oramai un guru, si sente trattato come tale?

«Voglio morire come i cavalli di razza: in pista. Anche su un campetto, basta sia lì».

Per il calcio a cosa ha rinunciato? Corvino:

«A venticinque anni sono partito dal sotto marciapiede del calcio, la Terza Categoria, e sono arrivato per quattro volte in Champions League; (altra pausa, ora scandisce) sono quasi a 650 gare in Serie A, per cinque volte sono stato in B e di queste cinque in quattro stagioni ho vinto il campionato. Mi è mancato il calcio d’élite, mi manca lo scudetto… Qualche possibilità c’è stata, ho solo scelto di rispettare il contratto e non deludere la fiducia».

A chi ha detto di no?

«Squadre che possono lottare per lo scudetto. Ma bene così».

Corvino racconta di chiamarsi Pantaleo Oronzo, all’anagrafe e di essere «incazzato nero» con suo figlio.

«È nato l’unico erede Corvino e non lo ha chiamato Pantaleo; (pausa) al ragazzo voglio bene lo stesso, però con mio figlio resta l’incazzatura: non ha voluto ricordarmi. Pantaleo è un bel nome. Bellissimo, lo adoro. E da sempre».

Salentino, Corvino racconta che quando deve concentrarsi o riflettere «vado in campagna e mi metto sotto un ulivo» e che «se non fossi diventato direttore sportivo, avrei optato per il contadino».

Quando aveva 15 anni suo padre, muratore, si ammalò e finì poi sulla sedia a rotelle. Corvino racconta:

«Per portare a casa la pagnotta ho mollato il pallone e sono stato costretto a tentare il concorso in aeronautica: 25.000 aspiranti per 1.500 posti».

A 39 anni, però, mollò la divisa.

«Lasciai uno stipendio da 2 milioni per una pensione da 600 mila lire. Il problema fu dirlo a mio padre. Per due settimane andavo da lui in visita e non trovavo il coraggio; un giorno lo raggiungo e lo vedo fuori dal barbiere. Lì mi dico: “È la volta buona, non è a casa, magari non urla”; mi avvicino, era in cima a una discesa: “Papà metti il freno a mano”, temevo si scapicollasse. Non voglio riportare le sue parole, comunque per i due mesi successivi impose a mamma di non aprirmi la porta di casa. Era un maestro muratore».

Parla del rapporto con sua moglie, una donna paziente che lo ha sempre assecondato.

«Da tre anni sono tornato a Lecce e da tre anni non la saluto la mattina: esco da casa alle sette e torno la sera tardi. Niente vacanze da tre anni, non devo deludere chi mi ha rivoluto a Lecce e quando è così non si devono guardare gli orari né i giorni».

L’anno scorso Zaccheroni si è detto favorevole al sesso prima delle partite.

«Sono d’accordissimo, il sesso fa sempre bene. Una trombata non altera le prestazioni».

Più faticosi i genitori o i procuratori?

«Attualmente né gli uni né gli altri. I problemi arrivano da altrove. Penso ai presidenti, alle proprietà. Manca qualche presidente del passato, quelli di oggi fagocitano tutto e non capiscono che pure la realtà del calcio è un’azienda e come tale va trattata. I presidenti si concentrano sulla questione extracomunitari, ma è una bufala. In un mondo globalizzato non ha senso, mentre dovrebbero puntare sul management, sui settori giovanili, sulle strutture, sugli stadi».

ilnapolista © riproduzione riservata