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Pietrangeli: «Mio padre è morto di infarto per colpa del figlio di Lacoste»

Al CorSera: «Vendeva le sue magliette. Lacoste junior le voleva solo rosa o nere, papà gli disse che erano da checca e da fascio. Litigarono e si sentì male».

Pietrangeli: «Mio padre è morto di infarto per colpa del figlio di Lacoste»
Torino 20/11/2022 - tennis Atp / foto Imago/Image Sport nella foto: Nicola Pietrangeli ONLY ITALY

Sul Corriere della Sera una lunga intervista a Nicola Pietrangeli. Tra una settimana compie 90 anni, il 5 settembre sarà in libreria la sua autobiografia, “Se piove rimandiamo“, scritta con il giornalista di Repubblica Paolo Rossi.

Pietrangeli ricorda suo padre Giulio:

«Era forte. Giocò a calcio nella serie A tunisina. Amava il tennis. Ma il suo sport era la pallanuoto, in cui era cattivissimo: una volta si nascose una spilla nel costume, con cui punse il sedere a un avversario. Non litigava; menava. Un arabo diede una pacca a mia madre Anna per strada; lo massacrò».

La madre, invece, era russa, figlia del colonnello zarista Alexis von Yourgens, in fuga dalla rivoluzione.

«Andò in sposa giovanissima a un altro fuoruscito, il conte Chirinsky. Finì presto, ma le rimase il titolo nobiliare, che per la legge russa va ai figli maschi. Solo vent’anni fa ho scoperto all’anagrafe di avere il doppio cognome: Pietrangeli conte Chirinsky. Ma agli amici del circolo non ho mai osato dirlo. Mi risponderebbero con una pernacchia».

I genitori di Pietrangeli si incontrarono al cinema, dove la mamma vendeva dolci nell’intervallo, prima di trovare lavoro in una farmacia. Dopo un lungo corteggiamento, lei si arrese a quell’uomo molto ricco, figlio di un costruttore di Tunisi di origine abruzzese. Quando il padre finì in un campo di prigionia nel deserto, in conseguenza dello scoppio della guerra, Pietrangeli fu accolto a casa della mamma.

«Parlavo russo, mangiavo russo, pregavo in russo: sono di religione ortodossa».

Crede in Dio?

«Quando mi serve, come tutti i vigliacchi. Pregavo che l’avversario facesse doppio fallo: in russo, per non farmi capire».

Com’era il campo di prigionia di suo padre? Pietrangeli:

«Una caserma dove lui si era fatto un campo da tennis. Andai a trovarlo, mi mise in mano una racchetta e mi propose una partita di doppio. Fece tutto papà, e vincemmo. Il premio era un pettine ricavato dalla scheggia di una bomba. Per me è il più importante della mia carriera. Non l’ho mai ritrovato».

Pietrangeli racconta la vita nella Roma del 1947:

«Papà lavorava per l’ambasciata francese: capo becchino. Doveva recuperare i caduti nella campagna d’Italia. Lo accompagnai nei cimiteri di Venafro, in Molise, e di Pederobba, davvero con due b, in Veneto, che risaliva alla Grande Guerra. Divise lacerate, corpi straziati, mucchi di ossa: era un lavoro duro. Poi si mise a vendere le Lacoste».

Pietrangeli spiega:

«Andò proprio da René Lacoste, il Coccodrillo, uno dei quattro moschettieri che avevano portato il tennis francese a vincere tutto. Fu un boom pazzesco. Una maglietta costava 2.800 lire. Quando diventai campione, proposi a papà: io le sponsorizzo, e tu le vendi a cento lire in più. Disse no: il prezzo lo faceva René, non noi. Arrivò il figlio di Lacoste, che voleva solo magliette rosa o nere. Papà gli disse che in Italia non poteva funzionare: rosa era da checca, nera da fascio… Litigarono e mio padre ebbe il primo infarto. Poi gli tolse il marchio, ebbe il secondo infarto e morì. Lacoste junior ha fatto morire papà».

Nel libro lei racconta molti episodi della sua amicizia con i personaggi del dopoguerra, da Ranieri di Monaco ai grandi attori. Ma il migliore è quello con Mastroianni a Londra. Come andò?

«Arriva Marcello e mi chiede se organizzo una cena con due ragazze. Io qualche numero in agenda lo avevo, ma erano tutte impegnate. Ci troviamo a cena da soli, e ci ubriachiamo. Alla fine Marcello mi fa: “Ma ci siamo visti? Tu non sei male, io insomma sono Mastroianni, e siamo qui che sembriamo due froci…”. Poi però nel locale notiamo Jeanne Moreau con Rudolf Nureyev. Penso: che bello, andiamo a salutarli. E Marcello: “Tu sei matto! Quelli mi si vogliono fare tutti e due!”. Sia Jeanne Moreau sia Nureyev erano innamorati di Mastroianni. Lo lasciai al suo destino».

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