«Si racconta un calcio che non esiste più. Oggi i calciatori vogliono partecipare, vogliono sentire delle cose in cui loro si riconoscono e credono»

Nella conferenza post Italia-Ucraina, Spalletti risponde a una domanda di Franco Zuccalà sulla differenza tra l’allenatore di club e l’allenatore di una Nazionale.
«Effettivamente bisogna fare delle sintesi però poi bisogna credere che ci si può mettere qualcosa di nostro, ugualmente. Perché questo fatto di gestione che non puoi fare l’allenatore è una cosa che non trova riscontro nella mia realtà.
Tu il tempi lo usi bene, devi fare come si è detto prima: una ricerca ben precisa delle cose che devi dire, devi usare bene il tempo, non si può andare a intasare la testa e la libertà dei calciatori perché il talento bisogna lasciarglielo a disposizione, non gli si toglie niente.
Epperò un po’ di organizzazione gli va data. I video diventano fondamentali, perché con i video si può lavorare anche a distanza, “qui questa cosa l’abbiamo fatta bene, qui l’abbiamo fatta male”.
Non è più come prima, spesso si racconta un calcio differente a quello attuale, spesso si racconta un calcio che è passato di cui vanno prese delle cose e portate dentro il nostro calcio. Ma ora i calciatori vengono al campo e vogliono essere pronti, vogliono essere allenati, vogliono partecipare.
Non è vero che si va a rifare le stesse cose che si faceva vent’anni fa. Era un’altra cosa, era un altro calcio. Ora vengono, si preparano, vogliono sentire che gli dici delle cose in cui loro si riconoscono e credono e poi anche con delle sintesi però bisogna indicare dove bisogna andare. Sono loro che lo richiedono, non noi.
E poi il tempo va usato bene, è la cosa pià importante che abbiamo. Quando vuoi bene a qualcosa gli devi regalare il tempo. Noi bisogna dedicare tutto il nostro tempo alla nazionale anche se sono solo dieci giorni».