A Repubblica si definisce un “performer”: «Si pensa che gi attori abbiano una vita agiata e piena di attenzioni, io se non sono sul set non penso mai di essere un attore»

Repubblica ha intervistato Willem Dafoe, in una lunga chiacchierata che tiene conto dello sciopero degli attori di Hollywood, in cui Dafoe dichiara di essere un “performer” scherzando sulla sua faccia che a suo dire è poco da attore.
La sua idea sugli attori è decisamente diversa, particolare, ad esempio pensa di non sapere mentire perché “le bugie mi si leggono in faccia”, dice
Non è dunque vero che gli attori siano persone fuori dal comune e interessanti per il semplice fatto che sono attori
«È un assunto con il quale non concordo: più che altro, il pubblico pensa che gli attori abbiano una vita agiata e che siano in costante richiesta di attenzioni. Il che non è sempre vero. Per quel che mi riguarda, quando non sto lavorando al fatto di essere un attore non penso proprio. Mai. Sono solo la cinepresa, la macchina fotografica, il palcoscenico e la passerella ad attivare quel lato di me. Che per il resto del tempo dorme».
Ci tiene ha raccontare la sua vita come una vita normale
«…amo fare cose semplici: qui in campagna ad esempio pulisco ogni mattina le stalle degli animali, e nel farlo trovo un piacere indescrivibile. Mi tiene ancorato, mi salva, mi fa sopravvivere. Una liberazione dall’incubo dell’accumulo e del successo che avvelena il mondo occidentale».
A Dafoe piace scherzare su questo suo essere normale, il più normale della sua famiglia
«Ho 2 fratelli e 5 sorelle, e ciascuno di loro fa un lavoro importante, sono tutti davvero talentuosi, tanto che avrebbero potuto fare gli attori a loro volta. Intorno alla tavola di Natale sono io quello che racconta le barzellette peggio di tutti».
Un bel freno all’ego avere una famiglia così.
«Di sicuro ti insegna che ognuno ha i suoi talenti e ti ricorda come farli funzionare in gruppo: che sia un film, una squadra di calcio o qualsiasi altro tipo di collaborazione. Ti insegna ad armonizzare il tuo ruolo all’interno di un’intenzione collettiva. Ed è un microcosmo istruttivo riguardo a cosa sia davvero la vita».