A Belve: «Con De Laurentiis parlo spesso e volentieri, abbiamo un rapporto personale. Mi ha sempre dimostrato grande stima»
Antonio Conte a Belve:
«Non nasco belva, ci divento durante l’infanzia per proteggermi dalla strada. Ci divento a volte nella vita proprio quando incontro alcune situazioni. A bordo campo “morte tua vita mia”, una delle due squadre deve soccombere, a volte anche col pareggio è soccombere. Il mio segno zodiacale è il leone.
Conte: «Non è proprio vero che mi piace parlare solo di calcio. Fuori dal lavoro mi piace contornarmi di persone che non c’entrano col calcio.
«Sono molto diretto, odio le persone che ti girano le parole.
«Sono permaloso, sì.
«Chi prende uno come me, sposa un progetto, un’idea, una ambizione
Conte: «Se prendi me, accetti il mio modo di essere. Il difetto che posso avere è sempre orientato a migliorare la situazione degli altri.
«Non mi piace mentire, voglio essere schietto.
«A volte posso essere impulsivo nel reagire a determinate situazioni.
«Difettaccio? Non sono paziente.
Gattuso ha detto di lei: sembra Al Pacino in Ogni maledetta domenica
«Disse quelle parole quando venne estrapolato il mio discorso alla squadra senza che lo sapessi, dissi che gli altri devono buttare il sangue».
Cazzullo ha detto se Conte non avesse quel carattere non sarebbe Conte
«Non sono feroce, sono esigente con me e con gli altri. L’esigenza che ho è una ferocia, odio perdere».
«A me piace essere leader, penso di essere un leader riconosciuto. Mi piace, penso che sia nato per questo».
Antonio Conte da calciatore si dà 8 come voto.
Da allenatore 8,5, mi reputo abbastanza giovane da allenatore, posso ancora migliorare.
Talento che le mancava da calciatore.
«Mi mancava il talento che ho da allenatore. daa calciatore avevo una buona tecnica ma non avevo il talento di Zidane, Del Piero»
La descrivono come ossessivo maniacale fumantino solitario.
Conte: «Io e lei siamo simili. È la passione che ci porta a essere ossessivi, maniacali. È anche la paura di fallire che ti porta a dare il massimo».
Solitario? «Sì quando perdo. La sconfitta non la vivo bene».
Soffre fisicamente quando perde.
«È vero. È un lutto che dura dalle 36 alle 48 ore. Cerco di isolarmi. Mi sento male, mi sento giù. La prima cosa è capire il perché, rivedo la partita e lì divento feroce».
«L’importante è avere voglia forte di reagire alla sconfitta, alla disgrazia».
«Ho avuto la fortuna e anche un pizzico di bravura da calciatore e tecnico. Non sono sazio. Vorrei in futuro trovare una situazione in cui posso continuare a scrivere la storia».
«Quando sei all’estero apprezzi molto la bellezza dell’Italia. Non lo so, saranno le opportunità a dirlo. Il sogno me lo tengo. I matrimoni si fanno in due, puoi volere qualcosa per tutta la vita e poi non succede».
«Quando vinco, il tempo della gioia e della contentezza è molto minore, appena finita la partita c’è il benessere. Te lo godi, la sera e poi al mattino cominci alle difficoltà della prossima partita. La vittoria, quando fischia l’arbitro, c’è un rilassamento mentale, mi riempio di gioia e me la godo».
«Sono simpatico per i club e per i tifosi che rappresento e antipatico per tutto il resto».
«Chi allena la Juve non diventa mai un simpaticone. Hai tutta l’Italia contro».
«Ho sempre cercato di essere un protagonista, non un comprimario».
A 21 anni alla Juventus.
«Io davo del voi a Schillaci e ai grandi giocatori».
«Io credo nell’indipendenza dei calciatori, non li controllo. Non mi piace controllare i calciatori, però quando c’è l’allenamento e la prestazione, devono performare. Il consiglio è per migliorare».
Posizioni sessuali, meglio stare sotto prima di una partita.
Conte: «Non si possono mettere limiti e proibire situazioni, nell’imminenza della partita bisogna fare il minimo sforzo possibile, quindi essere passivi. Consiglio di farlo con la moglie, così non si è costretti a prestazioni eccezionali, così non sei sotto stress di prestazione. Con la moglie è più di routine».
«Se le ho dette, è perché le ho sperimentate da calciatore».
Bilic ha detto che lei è pazzo.
«Nel tempo sono migliorato, o peggiorato. Partecipo meno rispetto agli inizi. Imborghesito no, però capisci che ci sono situazioni in cui il calciatore prenda responsabilità senza essere telecomandato».
«Parlavo in terza persona, poi me lo hanno fatto notare e non l’ho più fatto».
«Dove sono passato, ho costruito sempre qualcosa di importante. Mai lasciato macerie».
«Quando decido di cambiare, è perché mi rendo conto che sono in una situazione in cui ho dato tutto. Se si deve prendere un giocatore, voglio dire la mia».
«Mancini? Non voglio dire qualcosa che potrebbe dare fastidio a me».
«L’Arabia Saudita l’ho rifiutata. Voglio essere diplomatico su Mancini. Ha fatto qualcosa di storico vincendo l’Europeo, poi c’è stata la non partecipazione ai Mondiali, situazioni che ti lasciano ferite. Dopo, sarei andato via».
«Irrequietezza? Devo sentire e avere stimoli per dare il meglio di me. Il mio addio più sofferto è statao alla Juventus dopo tre anni, mi sono un po’ pentito».
«Penso più amici che nemici. Volontà di frequentare persone che non c’entravano niente».
«Amici tanti con la lettera minuscola. Il nemico? Non mi prendo con chi vende fumo. Gli incantatori di serpenti non mi piacciono».
«Mourinho è un vincente, ho un grande rispetto per lui. Io avevo esultato, festeggiato nella mia zona, nei miei tifosi. José ha fatto la storia del Chelsea, stavo esultando e basta».
«Io e Mourinho poi ci siamo stretti la mano, ci siamo detti quello che pensavamo. In Inghilterra li chiamano mind games».
Gli disse vediamoci in ufficio.
«Non me lo ricordo, però io vengo dalla strada».
«Ci sono due piazze, Roma e Napoli, vorrei vivere la passione che ti trasferiscono quelle piazze. Cosa serve per farmi accettare? Che ci sia grande serietà, un progetto che mi dia la possibilità di vincere. Non prenderei squadre in corsa.
«Con De Laurentiis spesso e volentieri ci parlo, abbiamo un rapporto personale. Mi ha sempre dimostrato grande stima, ha fatto scelta ben precisa con Garcia, dopo Spalletti, le sue scelte hanno dimostrato che è una persona lungimirante, visionario, il tempo gli darà ragione anche quest’anno. Sono piazze passionali».
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«Mostrai il dito medio ad Agnelli, non mi sono pentito perché l’altra parte non si è pentita. Con Andrea ci siamo parlati».
Conte: «Mi spaventa la morte. Il pensare di dover finire una storia».
«Sulla mia lapide vorrei che ci fosse scritto: “ha dato tutto”».
«Ho imparato a chiedere scusa. C’è un momento in cui non ti frega nulla. Oggi se mi rendo conto di aver sbagliato, credo che si un onore chiedere scusa».
«Non mi sento invincibile, però sono una persona dura da battere».
Alla fine si commuove quando Fagnani gli chiede chi vorrebbe reincontrare.
«Mia zia Teresa, le devo tanto, l’abbraccerei e le direi grazie». E gli vengono le lacrime agli occhi.