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Del Piero: «Ho avuto dei genitori umili, dopo la Champions erano orgogliosi non di Del Piero, ma del loro Alessandro» 

Al CorSera sul caso Mancini e Arabia: «Diciamoci la verità, delle volte è veramente difficile dire di no»

Del Piero: «Ho avuto dei genitori umili, dopo la Champions erano orgogliosi non di Del Piero, ma del loro Alessandro» 
As Roma 13/05/2018 - campionato di calcio serie A / Roma-Juventus / foto Antonello Sammarco/Image Sport nella foto: Alessandro Del Piero

Del Piero è stato intervistato da Walter Veltroni sul Corriere della Sera e ha colto l’occasione per parlare di diverse tematiche tra cui la sua Juve

Che sta succedendo alla Juve? Non parlo dei risultati, capita di non vincere sempre, ci mancherebbe. Parlo della sua immagine…

«Nella Juve sei sempre sotto pressione. Quella società è, comunque, un punto di riferimento. Non solo per i tifosi bianconeri. Credo che tutti, dopo aver chiesto del risultato della formazione del cuore, si informino di cosa ha fatto la Juve. Sperando il meglio o il peggio. Comunque è una società centrale, nella storia del calcio italiano. È molto di più di una squadra di football. Quando hai tante pressioni, tante responsabilità e affronti momenti di cambiamento, passaggi generazionali e conclusioni di cicli fortunati, è ovvio che non tutto possa an- dare nel verso giusto. È in corso un riassesta- mento, e da tifoso mi auguro che le scelte fatte siano corrette perché speriamo di tornare a ve- dere una Juve che possa dire la sua non solo in Italia, ma in Europa». 

Tu nella Juventus, Totti nella Roma, Maldini nel Milan. Perché voi che avete scritto la storia restando, nei momenti fortunati e in quelli sfortunati, con quella maglia, non siete ai vertici delle società?

«Per il mio percorso, per tutti gli anni nei quali abbiamo condiviso tantissime gioie e anche il momento più buio della serie B, con la Juve ho costruito un rapporto speciale. Non solo perché tifo bianconero, ma perché diciannove anni sono davvero tanti. Le persone mi chiedono: “Perché non torni alla Juve?”. Io rispondo che non devo tornare, perché non sono mai andato via. Quando passi tanto tempo e tante esperienze in una comunità le radici affondano nel terreno. Ok, oggi non ci lavoro, va bene — magari in futuro le cose cambieranno, chi lo sa? —, ma non mi sentirò mai lontano. Una parte importante del mio cuore è lì. E lo sarà per sempre. Sempre dalla stessa parte»

Del Piero sul caso Mancini, i campioni in Arabia. I soldi sono tutto?

«C’è la volontà da parte del mondo saudita di dire la propria sul calcio: si stanno organizzando, hanno dei fondi incredibili e questo, diciamoci la verità, aiuta il loro progetto. Delle volte è veramente difficile dire di no, altre ci si può riuscire. Dipende, dipende anche da quello che ciascuno cerca. Sul discorso Mancini posso so-lo dire, vivendo tanto all’estero, che, in generale, abbiamo veramente fatto una brutta figura» 

 Del Piero sulla questione calcioscommesse

«È un argomento grande e complesso, per me sono cose difficili da comprendere. Lo sport deve bastare. Per me c’era solo il campo. Esistevano regole precise che riguardavano droghe e scommesse. Non avrei mai fatto nulla che potesse in nessun mondo rovinare il mio sogno. Né prima, quando ero giovane, né dopo, quando ho avuto successo».

Mi parli di tuo padre?

«Mio padre era un leader silenzioso. Crescendo, diventando a mia volta padre, ho capito tante cose in più di lui. Io l’ho vissuto poco, a tredici anni sono andato via di casa. In quel momento pensi ad altro, sei in crescita. Non riuscivo a dare il giusto peso ai miei, ma poi riesci a renderti conto della loro importanza e questo ti consente di avere con loro un rapporto bello, come è giusto che sia. Mio padre faceva l’elettricista, mia madre prima la colf e poi la baby sitter. Era una persona di un’umiltà pazzesca, si rimboccava le maniche, si spezzava la schiena per far star bene la sua famiglia. Papà non parlava tanto, ma ricordo quando incontrai lui e mamma dopo che avevamo vinto la Champions. Penso che in quei momenti loro due abbiano rivisto tutto il nostro percorso di vita, tutte le paura e i sacrifici vissuti. Avevano le lacrime agli occhi. Erano orgogliosi non di Del Piero, ma del loro Alessandro». 

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