Sul Corriere dello Sport: «A Verona credevano che il problema fosse la forma fisica, poi però subito dopo il mio esonero Tudor ha vinto a Roma»

Di Francesco è allenatore di un Frosinone che lascia il segno nell’inizio di stagione: ottavo in classifica con tre vittorie, tre pareggi e un sacco di giovani promesse. Il Corriere dello Sport lo ha intervistato:
«Perché Frosinone? Serviva un posto giusto per il mio anno zero. Qui ci sono le persone giuste, a cominciare dal direttore Angelozzi che mi conosce dai tempi del Sassuolo. Sono felice, finalmente. Non significa non percepire lo stress dell’obiettivo, per carità. Significa calarsi con naturalezza e spensieratezza nell’ambiente in cui si allena, seguendo valori condivisi».
Ora il Frosinone domina la mini-classifica della regione Lazio, trovandosi sopra la Roma e i biancocelesti rispettivamente di uno e due punti.
«Siamo soddisfatti. Ed è bellissimo vedere la tifoseria entusiasta: mille persone ci seguiranno domenica a Bologna. Ma voglio che passi questo messaggio: umiltà e lavoro devono restare i punti fermi del nostro modo di ragionare. Altrimenti sarà impossibile centrare la prima storica salvezza del nostro club in Serie A».
Su una rosa piena di talento:
«A inizio stagione nessuno lo pensava, però. Stiamo creando un bel gruppo e i risultati si vedono. Ma è solo l’inizio».
Soulé sembra essere il principale protagonista dei giovani dell’ex Roma:
«Se rimane quello che è, lo diventerà. È un ragazzo che sorride sempre fuori dal campo ma quando si allena esce incazzato se perde la partitella. Questa è la mentalità. Il rischio di prendere in prestito i giovani dalle grandi squadre è di trovarsi tra le mani un ragazzo altezzoso. Lui, ma anche Barrenechea e gli altri che sono arrivati, è una persona carinissima».
Poi Di Francesco parla del passato e mette qualche punto su alcune questioni rimaste incomplete. Parla dei numerosi esoneri, ma prima ancora parla dell’idea che Frosinone fosse una specie di ultima chance:
«Sì, non lo nego. E lo penso ancora, mica abbiamo festeggiato niente. Ho letto un libro che si chiama “incertezza sportiva”. Ecco, nella nostra situazione un po’ di pausa è salutare, ci aiuta a pensare al presente».
«Facciamo un passo per volta. Intanto è il momento di raccontare che la Roma non mi esonerò per quella partita. Sono stato io il primo a farmi da parte. Avevo comunicato ai dirigenti che non ero più a mio agio nella Roma, anche a causa di un litigio con un calciatore».
Un giornalista gli ha chiesto, a questo punto, se il litigio decisivo fu quello con Dzeko:
«No assolutamente, con lui ero in ottimi rapporti. Come con De Rossi. Non dico il nome per rispetto, ma anche se ci fossimo qualificati con il porto forse mi sarei dimesso».
Però, sebbene con la Roma non ci fu un vero esonero della società, poi questi esoneri arrivarono in altre squadre. Di Francesco accettò le conseguenze:
«Mi prendo le mie responsabilità. Ho sbagliato io, mi ha tradito la fretta di tornare ad allenare. Alla Sampdoria non dovevo andare. E lì i rinunciai a tanti soldi, quindi ci mettemmo d’accordo per rompere il contratto. A Cagliari andò male, c’era il lockdown che impediva al pubblico di partecipare, la stagione fu stregata: i risultati non furono positivi anche perché io ero poco sereno. Infine Verona: lì forse non mi sono abbastanza imposto sul mercato. E pagammo un inizio in salita, in cui venni accusato di una scarsa preparazione atletica: peccato che poi, dopo il mio esonero, Tudor vinse con la Roma all’esordio. Allora il problema non era quello e rimasi male per come mi trattarono».