A Repubblica: «Mi alleno due ore ogni sera. Mai afferrato un coltello. La magia è una cosa tutta mentale, è destrezza, è psicologia, è arte»
Il mago Silvan intervistato da Maurizio Crosetti per Repubblica.
«Il mago non ha età, è senza tempo. È un classico. Come Proust. Come Hemingway».
«Ho cominciato a sette anni e non smetterò mai».
Una vocazione precocissima. Ce la racconta?
Il mago Silvan: «In quinta elementare, a Venezia, il maestro Salvagno mi vide trafficare con le mani nelle tasche, mi chiamò alla cattedra, mi fece andare dietro la lavagna e mi disse: “Savoldello, (perché il mio vero nome è Aldo Savoldello), venga qui, si vergogni, queste cose non si fanno”. Pensava che mi stessi masturbando, invece mi allenavo con un mazzo di carte».
Si allena ancora?
«Certo. Almeno due ore ogni sera. Metto un film, prendo il mazzo da 140 carte e comincio a farle girare a ventaglio con una mano sola. A volte appendo piccoli pesi alle dita, quelli delle bilance di una volta. Ho le mani di un ventenne. Mai usato creme, solo i guanti, mai afferrato un coltello, devo stare attento. Una volta, queste mani le assicurai per mezzo miliardo, c’era ancora la lira».
Silvan, ma cos’è la magia?
«Una cosa tutta mentale. È fascino, irrazionalità. La magia è destrezza, è psicologia, è arte, gesto, è molto più di ciò che sembra. Allude, parla d’altro. La magia esiste solo nella mente di chi guarda, e ti accredita poteri che naturalmente non possiedi. Però tu hai il talento delle mani, degli occhi e della voce. Se io le dico “stia attento, a questo punto si compie la vera magia” (il mago lo dice proprio con la sua inconfondibile, ammaliante e vellutata voce, ndr ),la vera magia è già cominciata. Ma è dentro di lei, non tra le mie dita».
E il magico “Sim Sala Bim” come nacque?
«Veramente, all’inizio la mia formula era “tactàc — serumba — yamaclèr”. La cambiai prendendo spunto dal ritornello di una canzoncina danese degli anni Quaranta, anche questa è andata bene».