Il centro sportivo da 113 milioni di euro è un messaggio al sistema: la vittoria di domenica sera sembra quasi un cambio della guardia
Forse ci frega la parzialità della visione periferica. Ci siamo così fatti prendere dalla suggestione – chiamiamola per quel che è: fuffa – di Antonio Conte salvatore del Napoli in decomposizione, da sottostimare la portata della mastodontica inaugurazione del Viola Park. Il nuovo centro della Fiorentina che rischia di simboleggiare lo spostamento tellurico del baricentro di potere del calcio italiano.
La percezione un po’ più lucida degli eventi delle ultime ore dice che mentre il Napoli è tornato mestamente il Napoli di qualche anno fa, con De Laurentiis sergente che sovrintende agli allenamenti, la Fiorentina sta diventando il nuovo Napoli. L’inedito contrappeso al ritrovato potere sportivo e politico delle milanesi. Lì dove una volta (appena un anno fa) era tutto De Laurentiis, ora c’è Rocco Commisso. E’ davvero complicato non leggere il trend per contrapposizione: uno scende, l’altro sale. I due sono spesso alleati.
Il Viola Park è costato 113 milioni di euro. L’hanno costruito in (soli) tre anni a Bagno a Ripoli, su 26 ettari che prima erano una discarica a cielo aperto. Dodici campi da calcio, due stadi (uno da 3.000 posti e l’altro da 1.500), 28 spogliatoi, una palazzina presidenziale, gli uffici, quattro palestre, tre saloni da parrucchiere, bar, una foresteria con 74 posti letto, l’area wellness, la vasca hydroworx e un gabinetto dentistico. Persino una cappella in marmo bianco consacrata a Santa Caterina, in onore di Catherine Commisso. Per manutenerla serviranno 10 milioni l’anno.
Alla presentazione c’era il gotha del famigerato sistema-calcio italiano, da Gravina in poi. Carlo Conti a dettare la festa, droni in cielo, ammennicoli vari. La Fiorentina non ha ancora uno stadio nuovo, per le pastoie della burocrazia. Il sindaco di Firenze aveva provato a infilarlo nei progetti da finanziare con il Pnrr e gli hanno bocciato il progetto. Ma è ormai chiaro che prima o poi si farà. Il Viola Park, con celebrazioni annesse e connesse, ha un significato paradigmatico: al calcio italiano piace un sacco l’imprenditorialità purché sia privata. Lo slancio, il piglio. E’ come se la Fiorentina fosse un proseguimento del Napoli con altri mezzi.
Il presidente della Federcalcio l’ha detto chiaro e tondo:
“Il Viola Park è un messaggio importante, che mette insieme alcuni elementi che negli ultimi anni avevamo smarrito. Mi riferisco a una capacità progettuale, a una visione che si trasforma in volontà di realizzare qualcosa. Oggi il mondo del calcio acquista sotto il profilo delle infrastrutture un messaggio di grandissima dignità, per stimolare e creare i presupposti perché tutti possano puntare a realizzare qualcosa di simile”.
Commisso in questi anni, un po’ come De Laurentiis, ha fatto di tutto per posizionarsi come antitetico al sistema. Almeno a livello comunicativo. Sfondoni, liti, parapiglia, polemiche. Ma val la pena di leggere cosa scrive La Stampa, nella rivalutazione del Commisso operandi:
“Non gli abbiamo dato tutto il credito che meritava perché troppi sono gli ufo transitati da queste parti per fidarsi dell’imprenditore nato in Calabria e poi emigrato per cercare e trovare (e l’ha trovata) fortuna negli Stati Uniti. L’italiano storpiato, le entrate in tackle scomposto sui colleghi presidenti, il rapporto faticoso con Firenze che non l’ha amato subito e persino ora fatica ad abbandonarsi: ce n’era eccome per andarci con i piedi di piombo”.
Invece, era “programmazione più passione, patrimonio al servizio delle idee e viceversa. Poche le parole, modi rudi, ma giù il cappello. Commisso è un uomo particolare e un presidente ancora di più. Non ha televisioni né giornali (vero Cairo?), ma è forte il segnale all’immobilismo del calcio italiano che parte da qui”.
Commisso resta a suo modo un “sopportato”. Ma a differenza di De Laurentiis (strepitoso imprenditore, ed esempio di scuola di buona gestione delle sue cose in un contesto di competitor indebitati se non peggio) indossa ora un’aura diversa. Non più macchietta, ma aggressivo investitore di capitali propri. Il Viola Park è un manifesto d’intenti, e un (costosissimo) stratagemma per scrollarsi di dosso le penombre del parvenu.
La Fiorentina sconta un ritardo sportivo dovuto anche ai tre quarti posti conquistati di fila, dal 2013 al 2015, quando in Champions ci andavano solo le prime tre. In questi anni è rimasta ai margini di quel circolo, di quell’esposizione che invece De Laurentiis ha saputo regalare al Napoli con una continuità quasi imbarazzante. La vittoria della Fiorentina al Maradona di domenica scorsa ha un peso industriale che forse non abbiamo ancora colto, presi come siamo a inseguire Conte o chi per lui.