Si possono prendere due gol e mezzo in contropiede contro l’Inghilterra di Bellingham? Il ct deve portarci all’Europeo o giocare come il Napoli?
Dice Spalletti che “deve essere una cosa normale subire ripartenze, se si vuole fare un calcio europeo”. Le chiama “intenzioni giuste”. E aggiunge, anche con una certa ammiccante sufficienza, che “troppo spesso si è condizionati da quello che è il risultato”. Il risultato – riportato senza eccessivi condizionamenti – è Inghilterra 3 Italia 1. Il suffisso logico all’analisi del ct è che “se si vuole fare un calcio europeo” forse sarebbe anche il caso di qualificarsi, per l’Europeo. Altrimenti finisce che facciamo gli europei a casa nostra, in Italia.
Certo, la premessa che vale come attenuante generica è che l’avversario era l’Inghilterra di Bellingham e Foden e Kane e Rashford, e persino Grealish in panchina. Ma se la forza dell’avversario è un alibi, può ribaltarsi anche nel suo contrario: proprio la conclamata superiorità dirimpetto avrebbe meritato, forse, un approccio più umile alla partita. Intenzioni meno “giuste”, e magari – hai visto mai – un punticino in più da giocarsi nella corsa alla qualificazione con Macedonia del Nord e Ucraina.
Invece no. Basta fare l’analisi sempliciotta dei tre gol inglesi per capire che Spalletti aveva deciso di giocarsela senza timori. Riassunto: due contropiedi e un rigore provocato da uno sfondamento centrale di Bellingham. I nomi, di nuovo, ricorrono per un motivo: se hai Bellingham in mezzo al campo (per il Guardian è il “Bellingham burst”, ormai è un’onomatopea vivente), se hai Kane o Rashford lì davanti, forse è il caso di ripensare il concetto filosofico di “calcio europeo”. O almeno adattarlo per sottrazione alla contingenza. L’Italia ha un bisogno ormai politico di qualificarsi per i prossimi Europei, davvero la vogliamo buttare sui massimi sistemi calcistici?
A questo punto uno si domanda: che mandato ha avuto Spalletti da Gravina? Il “si vuole un calcio europeo” è un imperativo categorico che interpreta la volontà nazionale di fottersene del risultato affinché si arrivi un giorno a giocare come-il-Napoli-di-Spalletti?
L’Italia avrebbe potuto provare a tenere, soprattutto dopo essere andata in vantaggio. Una volta usava, senza troppi salamelecchi. Scomparire nella tappezzeria della partita, logorare il talento inglese fino a farne spago, uno di quelli che trovi in spiaggia in primavera, che se li prendi in mano si sbriciolano. Omettere. Ingoiare. Far finta di dormire. David Sedaris sul New Yorker ha scritto che dormire è il nuovo scopare. Ecco.
Il Guardian stamattina scrive che eravamo pure sulla buona strada: “L’Italia, una pallida imitazione di molte squadre che l’hanno preceduta, aveva attirato i padroni di casa in quel tipo di lento e vuoto accumulo da cui di solito arriva poco di buono”. Anzi, ad un certo punto Wembley “stava per cedere a un nervosismo familiare e inquietante, un’ondata di insoddisfazione che cresceva mentre i difensori inglesi passavano la palla davanti a un centrocampo statico. L’Italia aveva iniziato come rassegnata al bullismo ma ora, con un gol fatto e con il vento palpabile nelle vele, sembrava avere i giocatori di Southgate dove volevano”.
Invece no… le “normali ripartenze”. Il benedetto 3-1 “troppo condizionante”. E il rischio che per giocare un calcio europeo l’Italia non vada all’Europeo.