Minimizzare ogni nefandezza è da sempre l’imperativo del calcio, che si tratti di razzismo, sessismo, violenze, trucchi contabili
C’è una serie tv, un po’ distopica, sui supereroi (si chiama The Boys e ha uno spin-off che si chiama Gen V) che racconta in maniera dissacrante e con tratti cinici e splatter il “dietro le quinte” della gestione di uomini e donne con superpoteri. Nel racconto la Vought, fantasiosa società che si occupa dei diritti di immagine dei supereroi, oltre a tramare per arricchirsi, si dedica a risolvere le grane in cui incappano i suoi assistiti, creando realtà alternative e insabbiando stupri, crimini di varia natura e omicidi commessi da quelli che dovrebbero essere i beniamini dell’umanità.
Fatte le dovute proporzioni (soprattutto per quanto riguarda i superpoteri), le vicende raccontate nella serie mi ricordano molto la maniera in cui sono gestiti gli scandali nel mondo del calcio. Che si tratti di razzismo, di omofobia, di violenza negli stadi, di reati finanziari, di stupri, di sessismo e, da ultimo, di scommesse, le parole d’ordine della grande macchina che ci racconta il calcio, composta dalla Lega Serie A, dalla Federcalcio e dai mass media, sono sempre le stesse: minimizzare, ridurre, se possibile mistificare e, infine, dimenticare.
Ogni volta che ci sono scontri tra ultras o tra ultras e forze dell’ordine parte il coro che vuole coinvolti “pochi imbecilli” protagonisti di “casi isolati” che non rappresentano la stragrande maggioranza “sana” dei tifosi. Le plusvalenze (un meccanismo distorsivo della regolarità finanziaria delle transazioni e, quindi, dei bilanci) sono state derubricate ad innocuo stratagemma. Del sessismo, che in Spagna ha costretto alle dimissioni i vertici della federazione, in Italia semplicemente non si parla. Del razzismo nemmeno. Le associazioni a delinquere che hanno stabilmente sede nelle curve di mezza Italia vengono costantemente ignorate, mentre ogni telecronista non si stanca mai di decantarci il “calore dei tifosi”, lo “spettacolo delle curve” e il loro “sostegno incessante”. Sempre più spesso dobbiamo assistere a scene di umiliazione pubblica con i calciatori a capo chino davanti ai capi ultras dopo le sconfitte, puntualmente descritto come “momento di confronto”. Anche a Napoli siamo dovuti passare, in nome dell’ordine pubblico, per una specie di summit tra Aurelio De Laurentiis e i rappresentanti delle curve, sugellato da una foto che ancora oggi ci scandalizza.
Ora tocca alle scommesse.
I nomi dei calciatori coinvolti sono illustri. Tonali e Zaniolo vestono la maglia della nazionale, Fagioli è un giovane con un ruolo importante nella Juventus. Da quel che si legge potrebbero essere solo i primi di una lunga serie, ma mentre siamo in attesa delle nuove rivelazioni di Corona (e non è un caso che i leaks provengano da un personaggio estraneo al mondo del calcio) è partita di gran carriera la macchina dell’informazione che ci parla ancora una volta di “casi isolati” (anche se Federbet, l’associazione che riunisce le società di scommesse e i casinò europei, è di tutt’altro avviso) e, soprattutto, di ludopatia.
La ludopatia o, più correttamente, il disturbo da gioco d’azzardo, è una cosa molto seria. Nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5) è descritto come “uno stato che compromette sia la salute psico-fisica del giocatore sia la sfera lavorativa e relazionale dell’individuo, a causa dei problemi economici e legali conseguenti”. In Italia ne soffre oltre un milione di persone (e le statistiche sono piuttosto datate), ma parliamo comunque di una piccola percentuale degli oltre 30 milioni di nostri concittadini che, più o meno spesso, hanno a che fare con il gioco d’azzardo.
Non ci sono riscontri oggettivi, escludendo le notizie che per ovvi motivi vengono divulgate dai legali dei giocatori coinvolti, che ci consentono di diagnosticare il disturbo. Come giustamente si chiede Fabrizio Bocca: “chi è che ci dice che Fagioli, Tonali e Zaniolo siano dei “ludopatici”. Loro? Non mi risulta che qualcuno ci abbia parlato in maniera approfondita. Piuttosto gli avvocati, i club e tutti quelli che intervengono perché evidentemente sanno, anche se non si sa come. Stiamo dando cioè questi calciatori per “malati” senza saperne nulla e dando ascolto a chi parla nel loro interesse, per difendere loro e le loro carriere. La “ludopatia” è ovviamente, in caso di ammissione di colpa e patteggiamento rapido, la prima grande attenuante per chi è coinvolto in storie del genere. E’ una tesi difensiva, ammissibile e accettabile certo, ma pur sempre una tesi difensiva. Non ancora dimostrata“.
Fagioli e Tonali sono stati descritti più volte in questi giorni come fragili, vittime, pentiti, pronti a curarsi, ansiosi di parlare per liberarsi del fardello che stanno portando. Curiosamente lo stesso trattamento non è stato riservato a Zaniolo che, peraltro, sembrerebbe anche essere l’unico a non aver scommesso sulle partite di calcio.
Il salvataggio dei calciatori è evidentemente un pezzo della strategia difensiva del mondo del calcio, già toccato parecchie volte da scandali sulle scommesse (e già solo la ripetitività di queste vicende dovrebbe raccontarci di quanto poco si sia fatto in termini di prevenzione). Un altro pezzo è l’immancabile richiamo alle responsabilità diffuse operato dal Ministro dello Sport allorquando è stato chiamato ad esprimersi sulle possibili dimissioni di Gravina.
Complessivamente il copione ci sembra quello visto tante volte. Il calcio italiano è molto malato, ma in nome del fatturato, della tutela del brand e delle posizioni di potere non si cura. I bubboni che periodicamente scoppiano vengono coperti con pannicelli caldi, buoni solo a tenere botta fino alla prossima volta.
A prima vista può sembrare incoerente, ma invece non è un caso che i broadcaster non siano più disposti a foraggiare a dismisura un mondo così fatiscente, come dimostra l’asta al ribasso per i diritti TV. Le serie TV come The Boys sono un ottimo mezzo di intrattenimento, non stupisce che sempre più gente smetta di seguire il calcio. Soprattutto questo calcio.
Il Telefono Verde Nazionale per le problematiche legate al Gioco d’Azzardo (TVNGA) – 800 558822 è un servizio di counselling telefonico rivolto all’intera popolazione e in particolare a persone che presentano problematiche legate al gioco d’azzardo e loro familiari. È uno spazio dedicato all’accoglienza, all’ascolto e all’orientamento dell’utenza, attivo dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 16.00 presso il Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’Istituto Superiore di Sanità.