Garcia esce male dallo scontro con Italiano che ha dato lezione anche di gegenpressing. Il francese non aveva le idee chiare e si è visto
Ci sono allenatori e allenatori
Riguardando Napoli-Fiorentina, l’1-3 finale è un risultato addirittura sottodimensionato rispetto a ciò che si è visto in campo. Perché, al netto delle occasioni realmente costruite, e ovviamente ne parleremo, abbiamo visto una partita tatticamente impari. Abbiamo visto, cioè, una partita tra una squadra allenata e una squadra soltanto assemblata. Ne consegue che ci sono allenatori e allenatori. E che, nell’ambito del calcio dell’anno 2023, Vincenzo Italiano si è dimostrato nettamente più abile rispetto a Rudi Garcia.
E non è solo una questione relativa alla gara di ieri. O meglio: Napoli-Fiorentina è il riflesso di uno scarto, a favore di Italiano, che riguarda la gestione della sua squadra in senso globale. Basterebbe pensare che la Fiorentina è venuta a imporre il suo calcio a Napoli, cosa che l’ha portata a vincere, facendo sette cambi di formazione rispetto alla partita contro il Ferencvaros. E, soprattutto con un undici titolare dal valore assoluto nettamente inferiore rispetto a quello schierato da Garcia. Il punto è proprio questo: il lavoro quotidiano e gli allenatori, in realtà, servono – servirebbero – a cercare di compensare, attraverso la tattica, il gap che esiste tra squadre di livelli differenti. E/o a valorizzare il talento in rosa, alla ricerca dei risultati.
Il Napoli di Garcia, una volta di più, ha dimostrato di poter essere efficace solo attraverso delle accelerazioni puramente fisiche. O attraverso dei cambi di posizione in campo, anche abbastanza cervellotici, che modifichino spaziature e movimenti. Questo, però, solo fino a quando l’avversario di turno – la Fiorentina, ripetiamo, è una squadra allenata e non assemblata – non ha trovato le contromisure. Cosa che, attraverso le indicazioni di Italiano, è avvenuta in modo costante nel corso della partita. Al tecnico viola sono bastate poche mosse, e pochissime contromosse, per annullare quasi completamente il gioco del Napoli. E per comandare la partita.
Marcature a uomo
Fin dai primi istanti, il canovaccio tattico è parso piuttosto chiaro: sia Napoli che Fiorentina si sono schierate con il 4-3-3 in fase offensiva, solo che Italiano ha costruito un piano partita fatto di pressing a tutto campo, di marcature a uomo strettissime, immediate, precise come orologi svizzeri. Arthur doveva accorciare – e l’ha fatto benissimo – su Lobotka, Kayode e Parisi seguivano gli esterni offensivi, Milenkovic si aggrappava – letteralmente – a Osimhen, Martínez Quarta rompeva la linea per anticipare le mezzali, tutti gli altri calciatori viola eseguivano rotazioni ben calcolate, in modo da soffocare il possesso palla.
In due screen, tutta l’aggressività della Fiorentina in fase di non possesso. Da notare Arthur che segue Lobotka come un’ombra.
Ma attenzione, però. L’idea non era quella di andare a riprendersi il pallone per giocarlo: con questo sistema iper-aggressivo, Italiano voleva evidenziare il limite del Napoli, ovvero la mancanza di meccanismi sofisticati d’uscita senza passare dagli esterni, per poi sfruttarlo e attaccare subito l’area di rigore. Il tecnico viola ha messo a punto una sorta di gegenpressing di stampo tedesco, e a questo punto permetteteci una piccola digressione di storia (recente) della tattica calcistica: in opposizione alla costruzione dal basso teorizzata da Guardiola, Klopp e tanti altri emuli cresciuti in Germania misero a punto un sistema in cui era il pressing coordinato a fungere da regista offensivo. In pratica, il recupero palla in zona avanzatissima determinava spazi perfetti da aggredire, corridoi per imbucare il pallone e cercare di far gol.
Ecco, ieri sera il vantaggio della Fiorentina è nato esattamente così. L’azione dei viola è stata una perfetta esecuzione dei concetti del gegenpressing, visto che è stato Martínez Quarta – un centrale difensivo – ad aggredire il portatore di palla, a determinare la ripartenza immediata e poi ad attaccare l’area in transizione positiva. È stato lui a colpire il palo sfruttando il cross dalla destra. Poi Brekalo ha chiuso l’azione in maniera tranquilla perché nessuno poteva marcarlo: il Napoli era sbilanciato in avanti nel momento in cui ha perso il possesso e quindi è come se avesse dovuto prendere gol.
Kayode, poi Martínez Quarta: due difensori che anticipano i giocatori del Napoli nei pressi della loro trequarti campo
Per chi crede che questa azione sia un caso isolato, ecco i numeri a corredo della tesi: nei primi 10 minuti di partita, secondo le rilevazioni del sito Whoscored, il Napoli ha accumulato il 73% di possesso palla e la Fiorentina ha tirato 4 volte verso la porta di Meret. Certo, 2 di questi tiri sono arrivati in occasione del gol di Brekalo, ma il dato resta eloquente. Dimostra, cioè, che un allenatore preparato – Vincenzo Italiano, in questo caso – abbia messo a punto una strategia in grado di servirsi dei limiti tattici della squadra di Garcia. Anche se ha avuto solo poco più di 48 ore per farlo, visto che giovedì sera la sua Fiorentina era in campo in Europa League – altra medaglia da appuntare al petto dell’allenatore viola, quindi altra critica da muovere a Garcia, inevitabilmente.
Il cambio di modulo
La filosofia del calcio basico secondo Garcia si è materializzata al momento dell’infortunio di Anguissa. Si potrebbe iniziare a discutere proprio a monte, cioè del fatto che l’allenatore del Napoli abbia modificato radicalmente il suo piano gara al minuto 32, inserendo un attaccante al posto di una mezzala: non proprio il massimo, dal punto di vista della convinzione nelle proprie idee, qualsiasi esse fossero. A guardare questa scelta con ottimismo, si potrebbe dire che il tecnico francese abbia cambiato idea, cioè abbia provato a rimediare a un suo errore. Il tempo e gli altri cambi ci hanno detto che non era così, ma ne parleremo più avanti.
Il punto, però, è che quello spostamento, nella mente del tecnico francese, era l’unico modo possibile per provare a smuovere la partita e il risultato. Secondo Garcia, quindi, il problema accusato dal Napoli nella prima mezz’ora della gara contro la Fiorentina era da ricondurre alla scarsa presenza in area di rigore e/o di alla mancanza di un uomo che si muovesse tra le linee. O, ancora, alla mancanza di un calciatore che seguisse a uomo Arthur, l’organizzatore del gioco della Fiorentina.
I problemi del Napoli, invece, si sono manifestati molto prima. Al momento di uscire con la palla dalla difesa, la squadra di Garcia non ha mostrato alcuna idea se non quella di passare dagli esterni. Non a caso, viene da dire, il 70% delle azioni costruite dagli azzurri avevano origine sulle due fasce laterali. Non a caso, viene ancora da dire, uno dei 2 tiri in porta costruiti dal Napoli nel primo tempo – l’altro è ovviamente il rigore trasformato da Osimhen – è nato da una giocata sontuosa di Kvara su Kayode, un velo che ha mandato in tilt l’intero sistema di pressing della Fiorentina e ha aperto la strada a una buona rotazione del pallone fronte-porta. Il tiro è capitato a Lobotka, non proprio uno specialista:
Una buona ripartenza dal basso, ma solo perché Kvara manda in tilt Kayode
Ecco: per quanto possa sembrare paradossale, in questa buona azione ci sono tutti i limiti del Napoli di oggi. Nel senso: quando affronta avversari organizzati, come la Lazio di Sarri o la Fiorentina di Italiano, la squadra di Garcia riesce a creare delle buone occasioni solo quando ha queste accelerazioni puramente fisiche. E puramente individuali. Perché, questo va detto, il dribbling di Kvara – così come la chiusura ingenua di Kayode sull’esterno georgiano – sono degli eventi casuali.
O meglio: Kvara ha le caratteristiche per fare spesso questo tipo di magie, ma non è possibile pensare che si possa – anzi: che si debba – passare solo ed esclusivamente da queste giocate. Un allenatore di calcio, nel 2023, deve creare i presupposti perché Kvara abbia la possibilità di fare tre, quattro, cinque cose del genere. Non può aspettarsi che Kvara, o chiunque altro, le faccia.
Il secondo tempo
Il pareggio è arrivato per un rigore generosamente regalato da Parisi, che pur essendo tranquillamente in controllo della situazione ha appoggiato di petto al suo portiere in modo lento, superficiale. Anche questo è un segnale: senza quel rigore, il Napoli nel primo tempo non avrebbe mai segnato. Come detto, infatti, ha messo insieme solamente 2 tiri verso la porta di Terracciano. E la stessa cosa è avvenuta nella prima parte della ripresa: l’unico tiro in porta propriamente detto, su cui è dovuto intervenire Terracciano, è arrivato dopo una rimessa laterale sbagliata da Kayode. Anche quello, pleonastico ribadirlo, è stato un episodio piuttosto casuale.
La Fiorentina, nel frattempo, aveva trovato l’antidoto al Napoli schierato col triangolo rovesciato a centrocampo, cioè con il 4-2-3-1. Alla squadra di Italiano, infatti, è bastato prendere in mano il possesso della palla e muoverla da una parte all’altra del campo, per non avvertire scompensi. Gli scivolamenti del Napoli, male – se non addirittura non – organizzati, infatti, garantivano una copertura facilmente superabile. E poi c’è stato il palo di Ikoné al 50esimo, su un’azione di ripartenza verticale su cui la squadra di Garcia si è fatta trovare sbilanciata.
Per via di tutto questo, evidentemente, l’allenatore francese è tornato nuovamente sui suoi passi. E quindi ha ri-rovesciato il triangolo di centrocampo inserendo Cajuste per Politano, con conseguente spostamento di Raspadori sulla destra. A questo punto, il Napoli è tornato di nuovo a schierarsi con il 4-3-3, solo che Raspadori fungeva più da seconda punta, sia in fase offensiva che in fase di non possesso, più che da esterno del 4-3-3/4-5-1 difensivo.
In alto, il 4-3-3 asimmetrico del Napoli in fase di possesso, con il triangolo di centrocampo 1-2 e Raspadori vicinissimo a Osimhen. Nel frame sopra, invece, vediamo la disposizione in fase difensiva, con Raspadori che esce in pressing sul centrale di sinistra, costringendo Di Lorenzo ad accorciare su Parisi.
Come detto, però, la Fiorentina aveva già avviato un piano partita alternativo. Insisteva nel muovere il pallone con qualità, è riuscita a portare molti uomini nella metà campo avversaria e al termine di una fase di venti minuti in cui ha avuto un possesso più alto (53% dall’inizio della ripresa fino al momento del gol di Bonaventura) ha trovato l’imbucata giusta dentro le linee del Napoli. Certo, c’è da dire che la seconda rete dalla Fiorentina nasce da un rimpallo fortunoso. Però va anche sottolineato che, un attimo prima del gol dell’1-2, la difesa di Garcia e l’attacco di Italiano erano schierati nel modo che vedete sotto. Come dire: facile segnare se ci sono così tante linee di passaggio facili da percorrere. Serve sapere come si costruiscono, però.
Nello screen in alto, Arthur ha due soluzioni di passaggio esterna e una interna. Nel frame sopra, Duncan gestisce palla e ha tre opzioni diverse, tutte libere: Bonaventura, Ikoné e Kayode largo a destra.
Solo il caos
A questo punto ci affidiamo ai numeri. Perché è solo attraverso i numeri che si può intercettare e comprendere la pochezza tattica del Napoli di Garcia. Nei 30 minuti di gioco tra il gol di Bonaventura e il fischio finale di La Penna, la squadra di Garcia ha prodotto: un solo tiro in porta, vale a dire il velleitario colpo di testa di Simeone al minuto 84′; 3 tiri fuori, vale a dire il sinistro di Kvaratskhelia finito in fallo laterale (81′), il colpo di testa di Olivera dopo un cross dalla destra (85′) e il tentativo a giro di Gaetano (89′). Inutile aggiungere che nessuna di queste conclusioni è stata davvero pericolosa.
Nel frattempo, Garcia era ripassato di nuovo al 4-2-3-1/4-2-4, inserendo Simeone per Osimhen, Lindstrom per Zielinski e Gaetano per Lobotka. A un certo punto, pur di provare a dare una boost di imprevedibilità alla sua squadra, ha messo stabilmente Kvara a destra, con Lindstrom dall’altra parte. Alla luce di tutti questi spostamenti, e degli effetti che si sono visti in campo, possiamo dirlo senza timore di smentita: il Napoli di Garcia ha letteralmente guadato nel caos. Non ha dimostrato di avere altri appigli, se non degli spostamenti di posizione. È stato costantemente assemblato, cioè montato e rimontato sul campo, si potrebbe dire live, dal suo allenatore.
Con questo tipo di approccio, Garcia perde di credibilità anche davanti ai microfoni. Perché è certamente vero, come detto durante l’intervista rilasciata a Dazn, che «il Napoli ha commesso soltanto quattro falli e questo non è normale». Intendiamoci, Garcia su questo punto ha ragione. Ma una partita giocata e persa in questo modo fa derubricare subito queste parole, le rende vuote, prive di significato. Perché la Fiorentina avrà fatto anche 14 falli contro i 4 del Napoli, ma nel frattempo ha messo insieme 215 passaggi in avanti riusciti (contro i 188 del Napoli), il 57% di possesso palla nella metà campo avversaria (contro il 43% del Napoli), 11 tiri non respinti (contro i 10 del Napoli). Anche queste statistiche dicono tanto. Sul gioco della sua squadra, quindi sul suo lavoro.
Conclusioni
La partita contro il Madrid e quella contro la Fiorentina hanno chiarito che, non appena si alza il livello delle avversarie, il Napoli di Garcia diventa una squadra friabile. E il vero problema è che non importa di quale livello parliamo. Se il Real Madrid, infatti, è sembrato più forte del Napoli in quanto a valore assoluto, nel senso che i calciatori di Ancelotti erano sensibilmente più forti rispetto a quelli di Garcia, la Fiorentina si è dimostrata migliore dal punto di vista tattico, non certo per la qualità dei giocatori schierati da Italiano allo stadio Maradona. Per dirla brutalmente: Nzola non vale Osimhen. Ikoné e/o Bonaventura non valgono Kvara e Zielinski. Duncan non vale Anguissa. E potremmo andare avanti a lungo, con questi confronti.
È chiaro, quindi, che in Napoli-Fiorentina la differenza l’hanno fatta gli allenatori. Ed è un discorso che ha due livelli temporali: Italiano è stato più bravo di Garcia nel modellare la sua squadra durante l’estate, nel prepararla per fare quello che fa in tutte le partiteù; ed è stato più bravo di Garcia per questa partita, per Napoli-Fiorentina 1-3. Che non è molto dissimile da Napoli-Lazio e Bologna-Napoli e Genoa-Napoli, ed è questo che dovrebbe far riflettere.
Dovrebbe far riflettere Garcia: evidentemente il tecnico francese non ha ancora trovato – o non ha ancora saputo costruire – l’identità giusta per il suo Napoli, visto che il compromesso storico stipulato col Consiglio dei Saggi si sgretola così facilmente. E dovrebbe far riflettere anche De Laurentiis sulla sua scelta di prendere un allenatore così poco sofisticato dal punto di vista tattico. Il Napoli, questo Napoli, sta dimostrando di aver bisogno di altro: lo dicono la classifica di Serie A e le prestazioni intermittenti che si rincorrono fin dall’inizio della stagione. Per di più il Napoli, questo Napoli, ha dimostrato che può fare grandi cose, se messo nelle condizioni giuste. Se, appunto.