È arrivato dopo allenatori che hanno gestito la rosa con metodi terroristici. È ripartito col suo 4-2-3-1 flessibile. Due gli italiani: Vicario e Udogie
In una Premier League inglese mai così equilibrata, dopo 7 giornate il Tottenham di Ange Postecoglou è secondo in classifica a pari punti con l’Arsenal a -1 dal Manchester City. La cosa sorprende non tanto perché sia una novità – anche l’anno scorso avevano avuto una partenza sprint – quanto perché si pensava a un ridimensionamento. Eppure, per spiegare questi 14 punti, molti indicano un cambio di atteggiamento dello staff. Dopo allenatori che hanno gestito la rosa con metodi terroristici come Espirito Santo, Mourinho, e Conte, l’australiano di Grecia ha portato una ventata di normalità più che benvenuta a nord Londra. Per il suo profilo completo vi rimandiamo al nostro articolo di giugno (nei commenti). Qui ci concentriamo sull’attualità.
Senza mezzi termini, si può scrivere che in patria Postecoglou è una vera leggenda del calcio. Non solo è stato capace di vincere 4 A-League con 2 squadre diverse – South Melbourne, Brisbane Roar – ma nel mezzo, tra il 2000 e il 2007, ha guidato con successo le nazionali giovanili australiane (under 17 e under 20). In quel periodo ha contribuito in maniera fondamentale allo sviluppo del movimento locale, sviluppo di cui ha potuto raccogliere i frutti qualche anno dopo, quando da CT della nazionale maggiore australiana l’ha portata ad alzare la sua prima Coppa d’Asia nel 2015, battendo la Corea del Sud ai supplementari.
È a questo punto che la carriera di Postecoglou comincia a prendere una piega inusuale, perché dopo aver qualificato l’Australia al mondiale russo, accetta l’offerta dei prestigiosi Yokohama F. Marinos. Nel campionato giapponese trova altri manager stranieri (Juanma, Ficcadenti, Fink, Petrovic), ma è comunque un salto notevole. Il primo anno fatica, terminando a pari punti con altre cinque squadre sul filo della retrocessione, il secondo trionfa, vincendo la J-League con il club, dove il titolo mancava da ben 15 anni. E lo fa con stile, con il miglior attacco (68 gol) e una coppia gol d’oro nippo-brasileira formata da Nakagawa e Marcos Junior. Ovviamente diventa il primo australiano a vincere in Giappone.
A questo punto viene il bello, perché se la pandemia ferma la J-League dei F. Marinos nel 2020, così non è per la carriera del loro allenatore, che nel giugno del 2021 viene annunciato come nuovo tecnico del Celtic Glasgow. La notizia viene accolta con estremo scetticismo nel Regno Unito: il Celtic ha appena perso il titolo contro i Rangers e chiamare un tecnico che non ha mai allenato in Europa tra i professionisti sembra il modo ideale per colare a picco. Sensazione confermata dalla sconfitta con il Midtjylland nelle qualificazioni di Champions a luglio, anche se poi passa il turno con Jablonec e AZ per qualificarsi a gironi di Europa League.
Quella in Danimarca sarà una delle poche macchie in una stagione da incorniciare, terminata con la vittoria del titolo nazionale col migliore attacco e la miglior difesa, e della coppa di Lega. Rammarico per l’uscita anzitempo dall’Europa contro il Bodo e per una semifinale persa in Coppa di Scozia contro i Rangers, ma per il primo anno ci può stare. Dal Giappone si porta due ragazzi come Reo Hatate e Kyogo Furuhashi, che non aveva allenato in precedenza, ma che diventano ben presto idoli in Scozia. Il secondo, in particolare, esplode letteralmente nella seconda stagione di Postecoglu a Celtic Park: 27 gol e un senso di onnipotenza legato alla sua presenza in campo.
E c’è di più. Se la prima stagione era stata buona, quella appena conclusa diviene ottima. Treble nazionale raggiunto, 6 punti in più dell’anno prima (addirittura 99, con sole 3 sconfitte), e il buon vecchio Joe Hart che chiude per il secondo anno di fila con il record di partite a rete inviolata. Marchio di fabbrica il 4-3-3, che all’occorrenza può diventare 4-2-3-1 a protezione della porta. In entrambe le coppe nazionali Postecoglu si leva anche lo sfizio di eliminare i Rangers (rispettivamente in semifinale e in finale), tanto per esaltare i tifosi di casa che non aspettano altro. Ancora una volta la nota dolente è l’Europa: gli scozzesi vengono tritati da Real Madrid e Lipsia, uscendo mestamente dalla Champions dopo due pareggi con lo Shaktar. La stagione si chiude comunque con una media spettatori irreale di 58,828 in Scottish Premiership: è la più alta dal 2001.
Alla luce di una carriera tanto unica, la scommessa fatta dalla dirigenza del Tottenham appare assolutamente comprensibile. Ancora di più visto che gli Spurs avranno il vantaggio di poter programmare una stagione senza coppe europee, la prima dal 2009/10, quando in panchina sedeva Harry Redknapp e il capitano si chiamava Robbie Keane. E allora, perché non sognare che a Postecoglou non riesca quello che ha già fatto in Australia, Giappone e Scozia? Sicuramente non ci sarà ad annoiarsi a guardare le partite del Tottenham il prossimo anno.