In chiaro su Netflix, regia di Lyda Patitucci. Ottima prova di Isabella Ragonese. Sembra di essere nella parabola evangelica di Matteo
Accade sempre più spesso di imbattersi in piccole chicche, come nel caso del noir “Come pecore in mezzo ai lupi” della regista Lyda Patitucci con l’ottima sceneggiatura di Filippo Gravino, che si può vedere in chiaro su Netflix.
Vera (Isabella Ragonese) è una poliziotta infiltrata in una gang slava capitanata dal serbo Dragan (Alan Katić) che si dà arie abusive da Pastore profetico. Mentre sta per scattare il piano di arresto della banda, tra i complici italiani spunta il disperato Bruno (Andrea Arcangeli) padre della bambina Marta che ha in Janine (Clara Ponsot) una madre instabile. Ma sfortunatamente il basista è anche il fratello di Vera: entrambi in fuga da una famiglia che ha in Sante (Tommaso Ragno) un padre che è anch’egli Pastore senza redenzione di una comunità evangelica.
Mentre il gruppo criminale prepara un furto ad un portavalori, Vera è impegnata a fare luce nella sua vita piatta che la rende felice “solo quando lavora”. Bruno invece sogna di andare via e di rifarsi una vita con la piccola Marta (Carolina Michelangeli). L’azione va avanti in un susseguirsi di doppi giochi e di identità velate e l’esordio della Patitucci fa ben sperare (il solito Matteo Rovere tra i produttori è garanzia di qualità).
Isabella Ragonese è ormai un’attrice a tutto tondo che in questo film come in teatro mostra la sua bravura, pur mantenendo anche nella versione mascolina la sua femminilità. Nel film c’è da notare lo scontro tra le false e distruttive concezioni della religione della morte e la compassione evangelica sostanziata dal gesto di coprire e seppellire un cane morto. Sembra proprio di essere nella parabola evangelica di Matteo – da cui è tratto il titolo – fratelli contro fratelli, padri contro figli – ma poi come d’incanto la paura svanisce e si torna ai bisogni affettivi propri della vita di ognuno.