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Eziolino Capuano: «vivo il calcio pensando a chi non ha soldi perché li spende per la partita»

Intervista al Corriere: «L’esposizione mediatica mi ha danneggiato. La mia è una famiglia di grande cultura. Ho sempre rifiutato illeciti»

Eziolino Capuano: «vivo il calcio pensando a chi non ha soldi perché li spende per la partita»
AS Eupen's new head coach Eziolino Capuano takes part in a press conference of the Belgian first division football team AS Eupen, on September 7, 2010, at the Kehrweg Stadium in Eupen. AFP PHOTO / BELGA PHOTO / MICHEL KRAKOWSKI -BELGIUM OUT- MICHEL KRAKOWSKI / BELGA / AFP

Eziolino Capuano intervistato dal Corriere della Sera.

Allena da più di 30 anni, non ha mai superato il confine della C. Eppure Ezio Capuano, tecnico del Taranto, è diventato di culto sui social per le esternazioni senza filtri.

«Lo so, ma quando rivedo certi video mi vergogno, perché quello non sono io: è il mio gemello scemo».

La tradisce la tensione?
Eziolino Capuano: «Purtroppo vivo il calcio pensando a chi non ha soldi per la pizza perché li spende per la partita».

A volte si commuove.
«Quando la vivi così, piangi pure, perché il calcio non è altro che l’essenza di emozioni. È l’attesa della gioia, come il Sabato del villaggio di Leopardi: quando la gioia si concretizza, poi non esiste più».

Con i calciatori com’è?
«Un allenatore deve essere come un padre e far crescere i giocatori: i miei figli li baciavo mentre dormivano, ma di giorno gli davo torto».

Le minacce di allenamenti all’alba sono rimaste tali?
«Sì. Sono autorevole e autoritario, ma niente follie».

In spogliatoio la democrazia non funziona?
«L’allenatore è un totem: devi essere seguito e per riuscirci devi essere meritocratico, onesto nelle scelte. Ma non tutti sono diligenti».

Cosa la fa arrabbiare?
«Gli orecchini al campo non ci devono essere, la musica nello spogliatoio non deve esistere. Un calciatore mi fa arrabbiare quando si allena male, quando non dà il meglio di se stesso e toglie la gamba in un contrasto».

Errori ne avrà fatti.

«Sì. Mi devo sentire sempre coinvolto, devo essere sempre me stesso, non sono mai stato uno yes man: in questo mondo molto strano, fatto di grande ipocrisia e della più alta immoralità, a volte il personaggio Capuano non è andato bene. L’esposizione mediatica stata negativissima per la carriera».

Spesso l’hanno chiamata per le missioni impossibili.

«Per questo mi sono paragonato a Santa Rita da Cascia, protettrice dei casi disperati. Ma anche a Robin Hood. Sono una specie di pronto soccorso: succede un incidente, chiamano me. Ho fatto imprese e vissuto degli esoneri».

Anche per immoralità?

«In un Puteolana-Tricase di 21 anni fa mi fu chiesto di favorire il Tricase, vincemmo la partita e fui cacciato. La mia storia è una storia di grande professionalità e sensibilità: vivo per far felice la gente».

Ma chi è Ezio Capuano?

«Nell’intrinseco bisognerebbe conoscerlo. Nasco da una famiglia di cultura, anche a livello ecclesiastico, perché il fratello di mia madre è stato generale dei Domenicani. Mio padre era professore universitario. Mio fratello è uno dei diabetologi più importanti, dirige l’azienda farmaceutica Lilly. Un altro fratello è stato manager della Menarini».

I complimenti via social di Allegri per la salvezza del Taranto come nascono?

«Conosco un po’ tutti e con lui c’è un grande rapporto, nato quando ancora giocava».

Anche lui viene accusato di non dare spettacolo.

«L’essenza del calcio è risultato, il resto è aria fritta. Gioca bene la squadra che ha equilibrio. E un allenatore deve un essere bravo pittore: con i colori a disposizione deve fare un buon quadro. Ma nel calcio tutti possono parlare».

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