Non si vedono più quell’aggressività e quel coraggio nel portare il pressing, quella foga agonistica nel recuperare subito il pallone perso
La prima rete del Napoli è il frutto di una combinazione a tre, in cui l’uomo che inizia la costruzione dell’azione è lo stesso che chiama il pallone per la conclusione finale e va a finalizzare la manovra segnando il gol del vantaggio.
L’azione è molto bella ed ha come protagonista assoluto Politano, su cui in seguito si concentrerà l’attenzione e che ieri, a mio avviso, è stato il migliore in campo per distacco, mostrando giocate che ormai lo rendono, prima ancora che perno inamovibile del Napoli, un giocatore di caratura europea.
Politano, appunto, riceve palla dentro nella tre quarti avversaria, non nella sua tipica posizione, non trovandosi sulla linea esterna del fallo laterale (pronto ad accentrarsi sfruttando l’uomo che la sovrapposizione di Di Lorenzo gli porta via o premiando con la solita imbucata la stessa sovrapposizione del compagno), ma trovandosi già dentro al campo dopo aver lasciato quella zona all’impostazione di Lobotka ed Anguissa.
L’esterno offensivo del Napoli riceve la palla, e subito la passa a Kvaratskhelia che nel frattempo, uscendo dai blocchi formatisi al limite dell’area, si abbassa per aiutare il compagno nella costruzione dell’azione.
Questa evidentemente appare uno schema preparato e più volte provato in allenamento, e lo si desume sia dall’insolita posizione di partenza che il georgiano e lo stesso Politano hanno all’inizio dell’azione, sia dal fatto che lo stesso georgiano esce dai blocchi non appena il compagno ha ricevuto la palla sulla tre quarti (appunto per andare a riceverla).
Kvicha stoppa il pallone a seguire, usando il piede perno e girandosi su se stesso di 180 gradi proprio nel momento in cui lo controlla con il sinistro, così posizionandoselo, grazie a questo movimento scolastico, sul destro in modo da effettuare immediatamente la giocata successiva.
La giocata è quella che prevede il passaggio largo a Mario Rui, il quale si è già posizionato allargandosi sulla fascia in modo da dare ampiezza all’azione, ed in modo cioè da poterla sia ricevere libero da marcature – poiché in quel momento ed in quella fase di gioco le linee difensive dell’Union sono strette per non dare direzioni di passaggio verticale al Napoli – sia mettere in mezzo di prima intenzione rubando un tempo di movimenti e posizionamenti preventivi alla difesa della squadra berlinese.
Politano, nel frattempo, subito dopo aver scaricato la palla a Kvaratskchelia scatta tra le linee avversarie e (lo si vede bene) chiama espressamente la palla nella zona parallela a quella in cui Mario Rui sta ricevendo a sua volta la palla.
Il difensore portoghese, che ha questo fondamentale tra le sue caratteristiche di gioco, in effetti la palla la recapita tesa e con i giri giusti proprio in quella zona dove Politano la sta chiamando e sta fiondandosi con il suo scatto repentino, e Politano stesso, sebbene solo grazie ad un rimpallo (ma poco importa rispetto alla bellezza ed alla sincronicità dell’azione, oltre che rispetto al fatto che senza quell’intervento disperato del difensore avversario la palla comunque l’avrebbe presa l’attaccante del Napoli), manda il pallone in rete
Il gol del pareggio avviene su azione di contropiede dell’Union direttamente da calcio d’angolo battuto dal Napoli.
Un’azione su cui, per come si sviluppa, rimane poco da dire, se non che fa emergere tutti i limiti e le lacune che il Napoli, quando c’è da rincorrere gli avversari in campo aperto, si porta dietro anche in virtù del mancato rimpiazzo di un giocatore delle caratteristiche di Kim: basti analizzare la corsa di Rrahmani per rendersene conto (quella di Lobotka in posizione da ultimo uomo è stata come al solito, per intensità, posizionamento e modo di affrontare il portatore di palla, eccellente).
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Al netto dell’analisi dei due gol, la partita di ieri se da un lato pure ha mostrato un buonissimo primo tempo, in cui il Napoli (tra quello annullato e quelli sprecati dopo pure buone trame di gioco) poteva farne ben più di quell’unico messo a segno, dall’altro lato a mio avviso ha confermato la normalizzazione in atto della squadra azzurra.
Per normalizzazione si intende il ridimensionamento – sotto il profilo dell’intensità e della qualità delle manovre offensive e difensive – che il Napoli mostra di aver subito.
Per carità, ci sono e si vedono buone trame: talvolta “vecchie”, talvolta nuove.
“Vecchie” sono quelle che ancora riguardano, per esempio, il gioco a due tra Politano e Di Lorenzo a destra, oppure la palla calciata di prima e d’incontro da Pollitano nello spazio dietro alla linea difensiva avversaria per l’aggressione dello spazio ad opera della punta centrale: idee che erano e ad oggi sono il prodotto del lavoro spallettiano e che, allo stato, ancora sembra che costituiscano il nucleo essenziale di talune azioni in fase offensiva del Napoli.
Nuova è, sempre per esempio, quella che in fase difendente il Napoli ha messo in atto durante una punizione avversaria ad altezza della metà campo, in cui la linea difensiva si è posizionata altissima allo scopo di evitare di portarsi già in area i saltatori avversari (i quali, ovviamente per evitare di finire in fuorigioco, non potevano che partire dietro tale linea difensiva, e quindi ad oltre 25 metri dalla porta del Napoli).
Ma non ci sono, non si vedono più quell’aggressività e quel coraggio nel portare il pressing all’azione avversaria e nell’andarsi a prendere gli avversari fin nella loro area di rigore, quella foga agonistica nel recuperare il pallone pochi secondi dopo averlo perso, quella velocità nel far girare la palla, quella brevissima distanza tra reparti che in fase di impostazione permetteva di uscire palla al piede (e faccia alla porta “nemica”) dalle pressioni avversarie, quella capacità di addormentare il gioco (grazie al possesso palla con tutti gli effettivi in campo) o di velocizzarlo a seconda delle situazioni e del volere della squadra che erano tipiche dello scorso anno.
Il Napoli, per intenderci, rimane una squadra che ha nei propri ranghi giocatori forti, questo è fuori discussione: ma a me non sembra più una squadra che, grazie alle caratteristiche di cui sopra, è in grado di aumentare il proprio livello (individuale e collettivo) di competitività.
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Alla fine della discussione, mi sembra che debbano essere spese tre speciali menzioni per tre giocatori in particolare.
La prima va a Politano, che ad avviso di chi scrive (che non lo aveva mai amato in passato) anche ieri è stato superlativo.
Al netto di tutto (e cioè del gol, dell’intensità qualitativa e quantitativa delle proprie giocate con cui ha mostrato di essere sempre dentro alla partita, oltre che della correttezza di ciascuna scelta effettuata con tali giocate), ieri l’esterno del Napoli ha mostrato due colpi che davvero hanno stupito.
Il primo è quello con cui, al 61esimo circa, prima di provare la conclusione da fuori area (deviata in calcio d’angolo dal difensore avversario) ha smorzato con il suo piede preferito un pallone che spioveva dall’alto, con una giocata ad altissimo quoziente di difficoltà; ha, in effetti, letteralmente “addormentato” un pallone difficilissimo da addomesticare, incollandoselo alla punta del piede nel frattempo sollevato a mezzo metro dal suolo e così portandolo fino a terra senza nemmeno più farlo muovere, a dimostrazione della correttezza tecnica del movimento della gamba e del piede.
Per poi, dopo una decina di minuti circa, prodursi (con una tipica sua azione da destra verso il centro del campo, questa volta portata quasi in verticale) in un continuo slalom dribblando come birilli tutti gli avversari che provavano ad affrontarlo fino a costringere l’ultimo di questi a fermarlo letteralmente con il corpo e facendolo così ammonire.
La seconda menzione va a Zielinski (chi mi conosce sa quanto in passato abbia poco amato anche lui), il quale anche ieri ha contribuito a tenere a galla il Napoli con giocate caratterizzate dall’utilizzo di una tecnica di base sopraffina che davvero ha pochi eguali (al netto dei mostri sacri come Modric, Kroos e compagnia) in Europa.
Tra queste, due in particolare.
La prima giocata è quella con cui riesce a liberarsi per quel tiro che il portiere gli devia in calcio d’angolo al 16esimo del primo tempo: è, infatti, qualche cosa di strepitoso il tocco con cui con l’esterno del piede sinistro pizzica il pallone anticipando l’avversario in area di rigore, imprimendogli quella velocità e quella traiettoria tali da consentirgli sia di lasciare sul posto il difensore, sia di potersi così preparare ad esplodere il tiro che effettua con l’altro piede.
Una delicatezza ed una capacità di controllo della palla (nello stretto e con l’uomo addosso) con entrambi i piedi che sono da calciatore eccellente.
La seconda giocata è quella che il polacco effettua nell’azione in cui Natan di testa prende il palo: la palla ricevuta in posizione da ala destra e portata con il destro per fintare il cross, la finta effettuata portandosi con un dribbling di suola il pallone sull’altro piede ed il traversone al bacio fatto con il sinistro ancora una volta denotano una capacità tecnica di gestire l’attrezzo di gioco indistintamente con tutti e due i piedi che sono roba per pochi.
La terza menzione è per Kvaratskhelia.
Ieri sera pure me lo sarei “mangiato” in un paio di occasioni (tra cui quella in cui pur essendosi creato lo spazio per puntare il portiere in area avversaria, ha aspettato due difensori per cercare di rientrare e dribblarli di nuovo).
Ma, come già si è avuto modo di dire, avere in squadra un giocatore del genere e con queste caratteristiche, anzi con questo coraggio di tentare sempre e comunque l’uno contro uno (anzi: a volte uno contro quattro), con questa capacità ed intensità fisico/atletica di rimanere sempre dentro alla partita facendosi continuamente dare il pallone dai compagni, insomma avere un campione del genere in squadra è cosa che davvero ti fa partire con un vantaggio che sembra invisibile e che invece, a ben guardare, rimane una della cose che nove volte su dieci non ti fa sentire spacciato contro nessuno.