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L’esodo dei talenti francesi verso la Primavera italiana: «Quello sì che è un campionato serio»

Su So Foot. Quest’anno sono 20. Peccato che poi non li fanno esordire in prima squadra “perché in Italia puntano troppo sui vecchi”

L’esodo dei talenti francesi verso la Primavera italiana: «Quello sì che è un campionato serio»
Italy's midfielder Simone Pafundi celebrates after scoring a goal from a free-kick during the Argentina 2023 U-20 World Cup semi-final match between Italy and South Korea at the Estadio Unico Diego Armando Maradona stadium in La Plata, Argentina, on June 8, 2023. (Photo by Luis ROBAYO / AFP)

In Francia la Primavera si chiama semplicemente Under 19. Ed è troppo ludica, poco stressante e quindi poco formativa per i giovani talenti francesi. I quali essendo in numero sovrabbondante e vogliosi di sperimentare il “calcio vero” quasi a gratis, ormai emigrano in Italia in massa. Un fenomeno che racconta So Foot. E che nasconde un paio di paradossi carini. Uno dei quali è: tanto la Primavera italiana sembra vera tanto poi il passaggio nel calcio dei “grandi” è reso difficilissimo dal senilismo endemico.

Solo per citarne alcuni: Aylan Benyahia-Tani (Empoli), Issiaka Kamate (Inter), Clinton Nsiala (Milan), ma anche Kévin Mercier (Bologna). La lista è lunga – scrive Soo Foot – In totale, per questa stagione 2023-2024, non meno di venti giocatori francesi (a cui si aggiungono altri quattro giocatori formati in Francia, ma che non giocano con la nazionalità francese) giocheranno nella Primavera. Per fare un confronto, sei anni fa ce n’erano solo quattro.

Steeve-Mike Eyango dice che lui decise di puntare sulla Primavera del Genoa: “Qualche mese prima avevo fatto scouting al Sassuolo e mi ero subito appassionato alla visione del calcio in Italia. Quando ho firmato per il Genoa ero ancora un semplice U19, ma sono stato subito considerato un semiprofessionista”. Steeve-Mike che considera il campionato Primavera più professionale: “È ultra-competitivo, completamente diverso da quello che ho vissuto a Bordeaux. Le partite vengono trasmesse, le aspettative sono alte, ho avuto l’impressione di giocare in un campionato professionistico. Tutto è decuplicato: la formazione, le esigenze, la professionalità”.

In Francia ci sono così tanti talenti che alcuni sfuggono al radar o vengono abbandonati dal loro centro di formazione, pur avendo qualità enormi – dice Francesco Palmieri, attuale responsabile del centro tecnico del Sassuolo – In Italia, anche per i più giovani, il risultato è essenziale. L’obiettivo è avere profili capaci di raggiungere velocemente l’alto livello. E la Francia ne è piena, motivo per cui i club italiani stanno sviluppando enormemente la loro rete di reclutamento lì”.

E poi ci sono le ragioni economiche, non per altro il Lecce l’anno scorso ha vinto il campionato Primavera con un undici titolare composto interamente da giocatori stranieri. “Quando sono arrivato al Genoa sono rimasto scioccato nel vedere così tanti giocatori stranieri. In Francia sarebbe impensabile vedere anche un solo giocatore non francese in una squadra U19″, dice Steeve-Mike Eyango, che ora gioca nel Giugliano, in Serie C.

Sono 188 i giocatori stranieri impegnati in questa stagione nel campionato Primavera. Solo che l’ingranaggio si rompe più avanti. “I giovani giocatori francesi – scrive ancora Soo Foot – si trovano ad affrontare lo stesso problema dei loro compagni di squadra italiani: la mancanza di fiducia data ai giovani quando si spingono verso le porte del calcio senior e professionistico. Eyango è l’esempio perfetto. Molto veloce con la Primavera del Genoa, l’ex giocatore del Bordeaux ha firmato il suo primo contratto da professionista a pochi mesi dal suo arrivo. Ma poi aspetterà più di un anno per esordire tra i grandi: “Ho sentito chiaramente questa riluttanza a fidarsi dei giovani. Ero frustrato, sentivo di avere il livello, ma hanno preferito puntare su giocatori che avevano esperienza, soprattutto quando giochi in una squadra che fatica a mantenere la sua posizione”.

Per Francesco Palmieri è questa la piaga del calcio italiano: Non abbiamo coraggio. In Italia, a 22-23 anni, sono ancora considerati giocatori giovani. È anche un problema sociale. Per essere un manager d’impresa in Italia bisogna avere almeno 70 anni, mentre in altri paesi molti hanno 30 anni”.

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