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Napoli, un anno senza Champions rischia di avere conseguenze per due-tre stagioni

Qualsiasi allenatore avrà bisogno di un tempo che rischia di essere incompatibile con una stagione che sta per essere compromessa

Napoli, un anno senza Champions rischia di avere conseguenze per due-tre stagioni
Ci Napoli 12/11/2023 - campionato di calcio serie A / Napoli-Empoli / foto Carmelo Imbesi/Image Sport nella foto: Giovanni Di Lorenzo-Matteo Cancellieri

Napoli, un anno senza Champions rischia di avere conseguenze per due-tre stagioni

Le domande che mi faccio da mesi sono, immagino, quelle che si fanno tutti i tifosi del Napoli (oltre che, perché no, tutti gli analisti).

Sono le risposte a cambiare.

La stagione dell’anno scorso, per i valori messi in campo dal Napoli, è da considerarsi eccezionale o avrebbe potuto ripetersi?

Il valore dei giocatori è più vicino a quello mostrato l’anno scorso o a quello mostrato quest’anno?

La stagione dell’anno scorso, in buona sostanza, era o non era ripetibile.

Ecco, io penso che l’unica cosa di irripetibile di ciò che è accaduto la scorsa stagione sono il numero di sconfitte a cui sono andate incontro le antagoniste (Inter, Juventus, etc.) contro le altre squadre, e non certo il valore messo in campo dal Napoli.

Penso, infatti, che la stagione dell’anno scorso (rispetto al profilo qualitativo del gioco espresso in campo) fosse assolutamente ripetibile, e cioè che il valore dei giocatori del Napoli sia assolutamente più vicino a quello mostrato l’anno scorso di quello mostrato quest’anno.

Purché, ovviamente, si fosse al cospetto di un allenatore di campo della “categoria fuori serie” (o simili) a cui appartiene Spalletti.

Perché il punto è questo: il Napoli ha un parco giocatori che per esprimere un valore qualitativo (e quantitativo, cioè per continuità) come quello espresso l’anno scorso ha bisogno di essere allenata in quel senso, ha bisogno, cioè, di una persona che alleni ossessivamente l’organizzazione, il movimento (del singolo e della squadra), i tempi ed i modi di gioco; insomma che alleni tutto di tutto fino al più insignificante dettaglio.

Eccola qui, la differenza, altro che eccezionalità della stagione: si è passati da Spalletti a Garcia, e si è arrivati al punto a cui si è arrivati.

Un punto da cui è difficilissimo risollevarsi, sia per attuale mancanza di alternative serie e valide, sia perché ogni eventuale cambio in panchina, sempre che l’uomo venga “azzeccato” a monte (e cioè quale originaria scelta del professionista: ma avete mai visto, per esempio, giocare le squadre di Tudor?), avrà comunque bisogno di un tempo tale “a valle” (e cioè nel modo di affrontare ed organizzare le partite) che rischia di essere incompatibile con una stagione che sta per essere seriamente compromessa.

E non scordiamoci mai, noi tifosi del Napoli, che sbagliare una stagione (non entrare in Champions o, per carità, in Europa League) ha ripercussioni irreparabili per i successivi due/tre anni, non solo perché entrano meno soldi che poi non si possono spendere nel mercato degli acquisti e dei rinnovi, ma anche e soprattutto in termini di capacità di attrazione del “marchio calcistico”.

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Il gol dell’Empoli arriva al termine di una manovra della stessa squadra toscana che, la si guardi bene, si sviluppa e finisce con un tre contro tre.

Lungo la fascia destra dell’Empoli che attacca ci sono: un primo giocatore che porta la palla quasi lungo la linea del fallo laterale (altezza tre quarti di campo); un secondo giocatore suo compagno che si allarga (con movimento ad uscire) per ricevere la palla in caso di chiamata della triangolazione; un terzo giocatore (Kovalenco, che poi segnerà, n.d.r.) suo compagno che si avvicina ai due pronto a dare una possibilità di scarico del pallone od a funzionare da sponda per l’eventuale triangolazione ove il portatore di palla scegliesse direttamente lui per quest’opzione di gioco.

Si badi bene che si è parlato di azione di tre contro tre: ed infatti, si può ben guardare che su ciascuno dei tre uomini dell’Empoli è di fatto già posizionato un calciatore del Napoli (nello specifico: Kvaratsckhelia sul portatore di palla; Cajuste sul secondo uomo dell’Empoli che si è allargato sulla fascia; Ostigard sul terzo uomo dell’Empoli che sta avvicinandosi al raggio di azione).

A guardarla così, cioè bloccando il video nel momento in cui l’azione inizia ed i calciatori si posizionano, la stessa azione della squadra toscana sembra priva di possibili esiti positivi, perché ogni uomo è marcato (anzi, c’è un quarto uomo del Napoli, Lobotka, in teoria pronto a scalare sul terzo uomo dell’Empoli quale possibile ricevente palla) e perché sembrano per ciò non esserci spazi in cui imbucare il pallone.

Ed invece, succede l’impossibile.

Il portatore di palla sceglie di essere lui stesso a dettare il passaggio in profondità; quindi,  scarica la palla sul compagno che nel frattempo si era allargato e con movimento in sovrapposizione interna va a dettare il passaggio verso la linea di fondo (aggredendo con apposito scatto quella zona del campo).

La palla gli viene recapitata esattamente lì, ed a quel punto lo stesso calciatore dell’Empoli è lestissimo a metterla in mezzo di prima per quel suo compagno (e cioè Kovalenko, il terzo uomo dell’azione sopra indicato) che in principio viene ignorato solo perché l’intenzione è quella di liberarlo per il tiro.

Così è: Kovalenko non ha nemmeno bisogno di particolari movimenti per liberarsi al tiro, perché nessuno lo ha seguito, nessuno è scalato su di lui a marcarlo.

Riceve palla e di prima, con un tiro strepitoso, direziona il pallone sul palo lungo, imparabile per Gollini.

Detta così, sembra davvero che l’Empoli abbia creato una di quelle azioni irresistibili per tempi di gioco e movimenti di chi ne ha fatto parte.

Detta così.

Provate, però, a riguardare quanto Ostigard ci mette: i) a capire che la triangolazione avverrà solo tra il portatore di palla (che poi scatta in profondità a chiamarla) ed il compagno che la riceve lungo la linea del fallo laterale (mi verrebbe da chiedere ad Ostigard a chi mai quella palla avrebbe potuto essere passata se non proprio a quello che stava scattando ad aggredire la profondità, anche per la postura del corpo dell’uomo che effettua il passaggio in questione); ii) a scattare per cercare di impedire il cross basso che sarà effettuato.

Provate, parimenti, a guardare come Lobotka non scivoli, non scali tempestivamente nell’apposita marcatura su Kovalenko (era questa la giocata difensiva da fare, secondo me, non quella di provare, senza nemmeno troppa convinzione, di chiudere la linea di passaggio sul primo palo) e vedrete che tutto riacquista il senso che deve avere.

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