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Valverde: «D’estate andavo a letto e sentivo gli scarafaggi. Avevo il materasso sul pavimento»

A The Players’ Tribune: «A 16 anni pensavo di essere un Dio. Sono stato accecato dalla fama improvvisa. Però da giovane sei un ostaggio del calcio»

Valverde: «D’estate andavo a letto e sentivo gli scarafaggi. Avevo il materasso sul pavimento»
Mg Parigi (Francia) 28/05/2022 - finale Champions League / Liverpool-Real Madrid / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Federico Valverde-Andrew Robertson

Federico Valverde, centrocampista uruguaiano del Real Madrid, ha rilasciato una lunga intervista a The Players’ Tribune:

«Mio padre lavorava come guardia di sicurezza al casinò. Mia madre vendeva vestiti e giocattoli con un carretto al mercatino delle pulci. Posso ancora sentire il rumore delle ruote mentre spingeva il suo enorme carrello pieno di scatole lungo la strada. Sembrava qualcosa che solo Hulk potesse fare, ed era proprio la mia povera piccola mamma! Ma era una guerriera. A volte la accompagnavo e mi sedevo sopra i palchi, guardando le macchine che passavano, senza rendermi conto del suo sacrificio. La parte peggiore era che, alla fine di una lunga giornata, dovevi piegare tutti i vestiti, impacchettare di nuovo tutto e spingere quel maledetto carrello per tornare a casa! Quindi preparare la cena! E lavarmi i calzini sporchi! Mia madre è la mia eroina».

Valverde racconta di quando ha iniziato a giocare a calcio:

«Una volta che inizi a giocare a calcio e vedi che i tuoi amici hanno più di te, anche se solo un po’ di più, può essere imbarazzante. D’estate andavi a letto la sera e sentivi gli scarafaggi che si rilassavano nell’angolo. Il mio letto era solo un materasso sul pavimento. Le molle erano così rotte che se ti fossi sdraiato nel mezzo, saresti rimasto “intrappolato” e avrei dovuto gridare aiuto».

«Attraverso il calcio ho potuto cambiare la situazione della mia famiglia. Purtroppo ha cambiato anche me. Quando sono diventato professionista con il Peñarol a 16 anni, pensavo di essere un Dio. Non credo che la gente capisca quanto sia folle passare dall’essere nessuno al camminare per strada nella tua città e all’improvviso trovi uomini cresciuti che vogliono farsi un selfie con te. Ricevi messaggi diretti da ragazze che la settimana scorsa non ti avrebbero nemmeno guardato. Tutti vogliono essere tuoi amici».

Gli effetti inebrianti del calcio però possono portare sulla cattiva strada:

«Ma avevo sostituito i vecchi amici con dei nuovi, come tanti giovani calciatori. Ripensandoci, mi uccide, perché i miei genitori non mi hanno educato in quel modo. In realtà non ero nessuno. Ero solo un altro idiota che giocava a calcio e lottava per i suoi sogni. Cosa è successo al bambino che era felice con una Coca-Cola? L’unico modo in cui posso spiegarlo è che ero accecato dalla fama improvvisa».

Valverda poteva finire all’Arsenal

«Non ho mai voluto andare in Inghilterra. A quel tempo, il lato economico del calcio prese il sopravvento. Ti rendi conto che la tua vita non è la tua nel calcio. Soprattutto in giovane età, ti senti più come un ostaggio. Anche la tua famiglia diventa un ostaggio. Il calcio è una fuga verso una vita migliore, soprattutto per noi in Sud America, e gli avvoltoi lo sanno».

Poi la chiamata che ha cambiato il destino di Valverde:

«Poi ho ricevuto la chiamata che ha cambiato tutta la mia vita. Giocavo al Campionato Sudamericano Under 17 in Paraguay. Ero nella mia camera d’albergo e i miei genitori alloggiavano in un’altra stanza. Mia madre mi ha chiamato e mi ha detto: “Ehi, vieni nella nostra stanza adesso. Ci sono alcune persone qui che vogliono parlarti.” Avevamo il coprifuoco e non dovevamo lasciare le nostre stanze, quindi ho detto: “Non posso, mamma. Devo andare.” Ho chiuso la telefonata. Lei mi ha richiamato: “Fede, vieni adesso. Questi uomini vengono dal Real Madrid”. Mi sono precipitato nella stanza per vedere cosa stava succedendo. Lei disse: “Fede. Stai zitto. Ascolta questi uomini. Hanno delle buone notizie per te.

Mi hanno detto: “Siamo del Real Madrid. Crediamo che tu possa diventare una star per noi. Vogliamo che tu e i tuoi genitori vi trasferiate a Madrid. Ho guardato mia madre. Ho guardato il mio agente come: “Nah. Mi stai prendendo per il culo.” Mia mamma mi guardò dicendo: “Stai zitto, Fede. Non siamo fottutamente con te”».

La morale della storia di Valverde:

«Questa è la cosa divertente del calcio. Puoi avere milioni di follower, o milioni di dollari, o milioni di persone che ti dicono che sei il più grande, ed essere comunque un ragazzo stupido».

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