Venables, l’allenatore romantico nell’era dei tecnici dittatori: amava la fantasia (Guardian)

E' morto a 80 anni il ct inglese del 1996. Era anche un paradosso: uomo immerso nella tradizione che però vedeva lo sport come un ramo dell'industria dell'intrattenimento

venables

A picture of former England player and coach Terry Venables is shown on the video screen following the announcement of his passing away prior to the English Premier League football match between Tottenham Hotspur and Aston Villa at Tottenham Hotspur Stadium in London, on November 26, 2023. (Photo by Ben Stansall / AFP) / RESTRICTED TO EDITORIAL USE. No use with unauthorized audio, video, data, fixture lists, club/league logos or 'live' services. Online in-match use limited to 120 images. An additional 40 images may be used in extra time. No video emulation. Social media in-match use limited to 120 images. An additional 40 images may be used in extra time. No use in betting publications, games or single club/league/player publications. /

Presi dalla giornata di sport italiano in vetta al mondo, ci siamo un po’ persi il lutto per Terry Venables. Che alcuni ricordano come calciatori, altri come allenatore. Jonathan Liew sul Guardian invece scrive che era una infinità di cose: “la carriera di cantante del club. La serie di romanzi polizieschi. Il negozio di vestiti a Chelsea. Il gioco da tavolo. La gamma di parrucche da donna. La catena di pub. L’agenzia di biglietteria. Poi c’era il calcio, in tutte le sue declinazioni: giocatore, allenatore, dirigente, amministratore delegato, proprietario, consigliere, opinionista. Terry Venables voleva fare tutto, e questo lo ha distrutto”.

Ancora, vedi alla voce “come si scrive un pezzo celebrativo”: “Era figlio unico con una scarsa capacità di attenzione e un’ambizione personale spietata, eppure era una persona nel cuore, un compagno prezioso e un superbo allenatore che ha costruito grandi collettivi calcistici. Era un uomo d’affari e un romantico, un uomo immerso nella tradizione calcistica che, tuttavia, vedeva lo sport come un ramo dell’industria dell’intrattenimento. Voleva essere famoso, voleva essere ricco, voleva essere amato e voleva vincere. Va detto che ha fallito tanto quanto ha avuto successo. Le sue iniziative imprenditoriali spesso si arenavano; i suoi successi calcistici furono radiosi ma fugaci; il suo fascino popolare ha oscillato selvaggiamente nel corso dei decenni”.

Ciò che rimane, alla fine, è il modo in cui faceva sentire le persone“.

E quindi, continua il Guardian “al Queens Park Rangers sarà ricordato come l’uomo che ha riportato l’orgoglio in un piccolo club di West London. Al Barcellona lo ricordano come l’anticonformista allenatore straniero che ha posto fine a un decennio di siccità per il titolo. Per ogni tifoso inglese vivo e senziente nel 1996, è stato l’uomo che ha orchestrato la seconda grande estate d’amore, un broccato di ricordi confusi ed emozioni pungenti che hanno stimolato l’anima nazionale in un modo che solo i vincitori della Coppa del Mondo di Alf Ramsey e le Leonesse di Sarina Wiegman hanno potuto fare”.

Venables, sottolinea lui, è stato l’allenatore di grandissimi talenti individuali, da Paul Gascoigne a Bernd Schuster a Gary Lineker a Tony Currie. “Ma Venables è stato prima di tutto un team builder, un allenatore che riusciva a far sentire ogni giocatore come se fosse una stella. Nell’era degli allenatori dittatoriali, Venables ha offerto il suo sostegno, ha parlato con giocatori al loro livello, ha messo il suo dono al loro servizio”.

E insomma: “Venables non rientra in alcuna tradizione intellettuale o dinastia di allenatori, non si identifica con una tattica o uno stile particolare. Ma la sua influenza è molto più profonda di quanto molti credano”. “Tra i suoi studenti più devoti c’era un giovane centrocampista della Masia chiamato Josep Guardiola, per il quale l’arrivo di Venables fu il catalizzatore di un fascino permanente per il calcio inglese”.

Però “Venables non fu mai veramente apprezzato ai suoi tempi”. Anche per “l’istintiva sfiducia del calcio inglese nei confronti delle nuove idee, il suo rapporto difficile con le celebrità, il suo sospetto verso il tipo di sfacciata fiducia in se stesso incarnato da Venables”.

I suoi sei anni al Tottenham tra il 1987 e il 1993 lo racchiusono: “l’uomo d’affari e il romantico, il messia e il creatore di pasticci. Ha salvato il club dalla bancarotta, ha guidato la squadra alla FA Cup del 1991, ha litigato enormemente con il suo partner di acquisizione, Alan Sugar, lasciato sotto una nuvola di accuse di cattiva gestione finanziaria e ponti bruciati. Voleva fare tutto e se n’è andato senza niente”.

“Ma al centro dei suoi numerosi difetti c’era una visione pura e semplice: una visione del calcio come un’unica entità organica, dal terreno fangoso alla sala riunioni, gestita da persone che amavano il calcio e si preoccupavano del suo futuro, alimentate da uno spirito imprenditoriale. Una visione che era morta molto prima di lui”.

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