Il Napoli e Manfredi sono indietro di 30 anni. In Premier hanno tutti un progetto, nessuno costerà meno di un miliardo. Gli stadi non sono più gusci vuoti
A contorno della ennesima, provincialissima, polemica per lo stadio tra De Laurentiis e il Comune di Napoli c’è da riportare la questione ad un livello di realtà internazionale. Rifare gli stadi è diventato inevitabile. Ed è un’operazione costosissima.
Quanto (e perché) costosa lo scrive in un lungo approfondimento The Athletic. Scrivono della Premier ma ovviamente il calcio, anche quello del Napoli, ha una dimensione globale. E, insomma, è un discorso che vale per tutti, anche per De Laurentiis e Manfredi.
A breve saranno rifatti gli stadi del Manchester United e del Chelsea, ma ci sono progetti sul tavolo anche per Aston Villa, Nottingham Forest, Crystal Palace e Manchester City, per aumentare la capacità con tribune nuove o ampliate nei prossimi cinque anni, una strada che Liverpool e Fulham stanno già percorrendo. L’Everton sta costruendo la sua nuova casa da 53.000 posti, e ci sono cantieri aperti anche per Luton Town e Bournemouth. Pure il Newcastle United sta valutando tutte le opzioni per il futuro del St. James’ Park.
“I miglioramenti degli stadi stanno diventando più una necessità che una scelta – scrive The Athletic – perché i club tengono il passo con le mosse delle rivali, ma questi grandi progetti dipendono sempre più da enormi impegni finanziari. Né il Manchester United né il Chelsea possono realisticamente sperare di trasformare Old Trafford o Stamford Bridge per meno di 1 miliardo di sterline, una cifra in linea con quanto è costato al Tottenham la sua nuova casa nel 2019 e la ricostruzione dello stadio Santiago Bernabeu da 85.000 posti del Real Madrid. Lo stadio dell’Everton dovrebbe costare tra i 550 e i 760 milioni di sterline, l’equivalente di almeno il doppio del fatturato annuale del club”.
Insomma, “non è un investimento per i deboli di cuore”.
“Molto è cambiato rispetto al boom della costruzione di stadi all’inizio del secolo, quando anche squadre minori come Sunderland, Southampton, Leicester e Derby County potevano costruire nuovi stadi da zero per meno di 35 milioni di sterline”. “Persino l’Emirates Stadium dell’Arsenal, completato nel 2006 con grande successo, costò circa il 40% di quanto è costato al Tottenham il suo stadio 13 anni dopo”. Eccetera eccetera: gli esempi sono decine. La domanda dunque è: perché questi progetti sono molto più costosi?
C’è l’inflazione certo, i forti aumenti del costo delle materie prime e della manodopera, ma la verità è che “è un cambiamento nelle aspettative che vede le nuove strutture del calcio richiedere ingenti investimenti”.
Ora si ragiona non tanto in termini di spesa, quanto in ritorno dell’investimento: se spendo X, come posso restituire Y? Anche De Laurentiis si sarà fatto i suoi conti.
“Gli stadi moderni non sono più concepiti come semplici gusci vuoti, pensati solo per il sabato pomeriggio. Ora la sede di una squadra di calcio deve essere una forza trainante per le entrate”.
Esempio: il Tottenham, club senza trofei importanti da 15 anni, ora fa concorrenza al Manchester United come club inglese con il maggior turnover di partite grazie, principalmente, al design del suo stadio da 62.000 posti. Oltre a ospitare partite della Nfl americana e concerti importanti utilizzando un campo retrattile, le ampie tribune offrono ai tifosi un motivo per arrivare presto alle partite e andarsene tardi. Ovvero: gli incassi sono più che raddoppiati da quando gli Spurs hanno lasciato White Hart Lane nel 2017, e le entrate annuali sono salite da 48 milioni di sterline a 108 milioni di sterline.
Nonostante le critiche che ha attirato per i suoi abbonamenti da tremila sterline, il Riverside Stand del Fulham sarà completato con un hotel, un centro benessere e una piscina sul tetto. La tribuna principale ricostruita del Palace, che dovrebbe essere inaugurata per la stagione 2026-27, includerà anche un museo e altri 8.000 posti a sedere.
“Puoi guadagnare denaro con i trasferimenti dei giocatori o con gli accordi commerciali, ma tutto il resto è relativamente fisso”, spiega Christopher Lee, amministratore delegato di Populous, lo studio di architettura che da 40 anni progetta i migliori stadi del mondo. “L’unica grande variabile è quanto puoi guadagnare dal tuo stadio. Questo è ciò che ti differenzia come azienda“.
Rileggere in questi giorni i battibecchi tra De Laurentiis e l’amministrazione di Manfredi fa un po’ un effetto straniante.
Non sono ovviamente progetti a breve termine, anche se per gli standard italiani (vedi l’eventuale nuovo stadio di Milan e Inter) le tempistiche inglesi sembrano velocissime: gli studi di fattibilità possono richiedere un anno e, in genere, ci vorranno dai due ai tre anni prima che il processo di progettazione e approvazione si concluda con la nomina di un importante appaltatore. Solo allora potrà iniziare la costruzione.
“La flessibilità è un must – continua The Athletic – ma qualsiasi club che si imbarca in un grande progetto di capitale avrà considerato in modo approssimativo il prezzo finale di ogni posto”.
In generale è aumentato tutto. E in particolare il costo dell’acciaio e del calcestruzzo ha subito oscillazioni drammatiche negli ultimi tempi. L’acciaio costa circa il 50% in più rispetto a 10 anni fa e questo è un altro fattore che contribuisce all’aumento dei costi. Ma questi costi vanno aggiunti i budget per l’ingegneria strutturale.
In ogni caso è ciò che si può trovare all’interno che distingue gli stadi moderni. C’è un’aspettativa a livello di finitura. La tecnologia e i sistemi meccanici ed elettrici possono rappresentare fino a un terzo dei costi di costruzione. Tubazioni, cablaggi, illuminazione, ventilazione… tutte cose a cui una generazione fa veniva data minima considerazione. E poi servizi igienici, chioschi, software per tornelli e strutture per disabili. Metti tutto insieme e circa il 60-70% dei costi è legato a queste cose.
Non è finita. Per spendere tutti questi soldi bisogna farseli prestare, e gli interessi sono un’altra voce che fa lievitare tutto.
“C’è un po’ di pudore, ma pensare ai tuoi tifosi come clienti quando progetti e gestisci uno stadio è probabilmente il cambiamento più grande – continua Lee – Non potevamo pensare che i tifosi restassero lì per tutta la vita attraversando i tornelli e bevendo la stessa birra schifosa. Non si tratta più solo di creare una ciotola rivestita con qualcosa di lucido. L’evoluzione di questi edifici passa da un approccio industriale e civico a uno culturale”.