La risoluzione approvata dal Parlamento europeo non è vincolante. In ogni caso resterebbe tutto così fino al 2025
Il geo-blocking verrà eliminato o no? No, a giudicare dalla dichiarazione di De Siervo ad della Lega Serie A che ha rilasciato il seguente comunicato.
«Accogliamo con soddisfazione l’esito di oggi della sessione plenaria del Parlamento europeo, che ha respinto la richiesta alla Commissione di presentare una revisione del regolamento sul Geo-blocking entro il 2025 che avrebbe incluso i contenuti sportivi e cinematografici – ha detto l’Amministratore Delegato della Lega Serie A Luigi De Siervo. Inoltre il Parlamento europeo ha riconosciuto la peculiarità dei servizi Audio Visual, che se inseriti in una cancellazione del Geo-blocking subirebbero un aumento dei prezzi per i consumatori e una significativa diminuzione di investimenti. Infine, ma non ultimo come importanza, il Parlamento nella sua votazione di oggi ha riconosciuto che il mantenimento del Geo-blocking per i prodotti protetti da copyright è uno dei principali strumenti per garantire la diversità culturale, viceversa ci sarebbe il rischio di ridurre il numero dei canali di distribuzione di contenuti».
La Gazzetta spiega che sì
Il Parlamento Europeo ha approvato oggi a Strasburgo una risoluzione in cui chiede di rivedere le norme dell’Ue in materia di blocchi geografici (in inglese geo-blocking), in particolare alla luce dell’accelerazione della trasformazione digitale e dell’aumento degli acquisti online negli ultimi anni.
Ma la risoluzione non è vincolante.
Si chiede che
la Commissione e gli Stati membri valutino attentamente tutte le opzioni per ridurre la prevalenza di barriere geo-bloccanti ingiuste e discriminatorie, considerando anche il potenziale impatto sui modelli di business esistenti e sul finanziamento delle industrie creative. I deputati sostengono tuttavia che l’estensione del campo di applicazione delle norme al settore audiovisivo comporterebbe una significativa perdita di entrate nel settore, minaccerebbe gli investimenti in nuovi contenuti, ridurrebbe la diversità culturale dei contenuti, diminuirebbe i canali di distribuzione e, in ultima analisi, aumenterebbe i prezzi per i consumatori. Il Parlamento chiede pertanto di valutare ulteriormente l’impatto di un’inclusione dei servizi audiovisivi e chiedono un calendario realistico per consentire al settore audiovisivo di adattarsi e garantire la conservazione della diversità culturale e della qualità dei contenuti, fermo restando che tutto resterebbe così com’è almeno fino al 2025.