“Basta mettere un cronometro su ogni decisione del Var: trovare una soluzione entro 30 secondi oppure niente. È così difficile?”
Ieri, durante la partita tra Liverpool e Crystal Palace, vinta dalla squadra di Kloop per 1-2, ha fatto discutere nuovamente l’utilizzo del Var. Questa volta non si discute tanto la legittimazione della scelta presa dagli arbitri, quanto piuttosto il tempo impiegato per prenderla.
Il “Telegraph” scrive:
“Ci si inizia a chiedere se la Professional Game Match Officials Ltd, l’organo di presidenza degli arbitri di calcio, stia effettivamente cercando di eliminare il Var il più rapidamente possibile. Perché ogni settimana riescono a escogitare modi nuovi e contorti per rendere ridicolo il sistema. Ogni settimana, invece di contribuire a dimostrare quale invenzione vantaggiosa potrebbe essere, cercano di renderla ancora più autodistruttiva”.
Il giornale inglese ricostruisce cosa è successo durante la partita del Liverpool:
“Prendiamo la vittoria ad ora di pranzo del Liverpool sul Crystal Palace. In realtà, dovremmo parlare della vittoria ottenuta all’ultimo degli ospiti. Invece, l’attenzione è ancora una volta catturata irata dai ragazzi seduti a guardare i loro monitor a Stockley Park, facendo del loro meglio per eliminare l’eccitazione da ogni partita a cui presiedono.
Al Palace è stato assegnato un rigore. L’arbitro Andy Madley era convinto che fosse fallo e di conseguenza ha ammonito Van Dijk. Tuttavia il Var aveva notato che nell’attimo precedente all’infrazione, Will Hughes del Palace aveva steso Wataru Endo del Liverpool, un fallo che Madley non aveva visto. Fin qui tutto bene: è ciò che il Var dovrebbe fare, intervenire per garantire la corretta attuazione delle decisioni. Il problema è stato il tempo necessario per correggere l’errore. Dal momento del primo replay era ovvio che Hughes avesse commesso fallo su Endo, ma Madley l’ha vista altre 23 volte. Eppure era semplice da vedere. Tutto ciò che serviva era semplicemente avvisare l’arbitro che aveva commesso un errore. Un fischio, un cenno delle braccia e si torna a giocare.
Ma quando si parla di Var la semplicità è un concetto che non esiste. Il fallo doveva essere osservato da ogni angolazione conosciuta dalla geometria. Era assolutamente ovvio, ma in tutto sono stati mostrati a Madley una ventina di replay. Quel che è peggio, quando gli hanno consigliato di dare un’occhiata al suo monitor a bordo campo, ha passato tre minuti a rivedere le immagini. Il problema fondamentale del Var è questo: i processi che rallentano tutto. Gli arbitri che guardano i video sono così terrorizzati dal commettere un errore che continuano a controllare, controllare e controllare ancora. Allo stadio, gli spettatori non sanno cosa stia accadendo. Temendo che la decisione possa infiammare la folla, gli arbitri si assicurano che siano tenuti completamente all’oscuro.
Il pubblico ovviamente è diventato sempre più scontroso. A infastidire è stato soprattutto il tempo impiegato per decidere. In un gioco frenetico come il calcio, l’energia viene prosciugata da ogni ritardo. Lo slancio viene ucciso, la gioia estratta chirurgicamente.
Il Var sta diventando sempre più distruttivo rispetto ai propri scopi. Basta mettere un cronometro su ogni decisione del Var: trovare una soluzione entro 30 secondi o non farsi coinvolgere. È davvero così difficile?”