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Becker: «Slam per Sinner? Può arrivare in fondo, vincere poi è un’altra cosa»

Al CorSera: «Due set su tre e tre set su cinque sono sport diversi. Il salto è abissale. Jannik ha appena iniziato a sfidare Djokovic al suo livello»

Becker: «Slam per Sinner? Può arrivare in fondo, vincere poi è un’altra cosa»
Boris Becker, German former tennis player and coach of Denmark's Holger Rune follows the game against Italy's Jannik Sinner during their first round-robin match at the ATP Finals tennis tournament in Turin on November 16, 2023. (Photo by Tiziana FABI / AFP)

Boris Becker, ex tennista, ora coach di Holger Rune, ha rilasciato una lunga intervista al “Corriere della Sera”, dove si è soffermato a parlare anche di Jannik Sinner.

Becker le avversità non l’hanno uccisa: l’hanno resa più forte?
«Migliore, soprattutto. E mentre lo dico spero che mia moglie sia d’accordo! Ne sono uscito in piedi grazie alla mente: nelle difficoltà della
vita, come nel tennis, la differenza la fa la testa. Di certo sono un uomo migliore di cinque anni fa. Credo di essere anche un coach migliore».

Cosa l’ha indotta ad occuparsi del n.8 Rune?
«Il ragazzo è una sfida interessante, il suo problema l’anno scorso è stata la programmazione: ha giocato senza pause. Come prima cosa gli ho consigliato di prendersi tempo: per sé, per i blocchi di lavoro, per il riposo. Holger ha 20 anni, non guarda il futuro, non pensa che i Big Three per durare 15 anni si sono spesi con misura. Vuole andare in campo e basta. Allora ho parlato con sua madre Aneke. E da lì siamo ripartiti».

E pensare che due anni fa, alla vigilia del divorzio tra Sinner e il coach Piatti, lei aveva appena iniziato a lavorare con Jannik.
«L’ho conosciuto, gran bravo ragazzo. Testa unica nel circuito, team ottimo. La cosa di Jannik che mi stupisce di più è la sua calma serafica in mezzo alla tempesta: non perde mai la bussola, non si scompone, nemmeno sotto pressione. Dote rara. Sintomo di un carattere che gli permetterà di durare nel tempo»

Secondo lei Sinner è pronto a trasferire i progressi della stagione sul veloce indoor nel format dei tre set su cinque, già all’Australian Open?
«Due set su tre e tre set su cinque sono sport diversi. Il salto è abissale. Jannik ha appena iniziato a sfidare Djokovic al suo livello, ha molto talento, a Melbourne parte testa di serie n.4: non ho motivo di pensare che non possa arrivare in fondo al torneo. Vincere, poi, è un’altra cosa».

Il favorito resta il suo amico Djokovic.
«Per Novak avrò rispetto fino all’ultimo dei miei giorni. Per lui, a 36 anni, l’età è solo un numero. Come potrei non considerare favorito chi ha vinto l’Australian Open dieci volte in carriera?»

Difesa del titolo e della vetta del ranking da Carlos Alcaraz: motivazione doppia.
«A Djokovic non servono motivazioni extra, mi creda. E di certo non giocherà con in testa la classifica: chiudere numero uno è importante a fine stagione, non all’inizio. Vuole il 25° Slam. È già il più vincente di sempre, a me di Goat (greatest of all times) non piace parlare: ogni generazione ha i suoi campioni».

Ma Boris Becker, oggi, quanti Slam vincerebbe?
«Uh, risposta impossibile. È cambiato tutto. Io, Edberg, Chang, Sampras eravamo teenager di successo, in assenza di grandi vecchi. E non avevamo i progressi della scienza dalla nostra. Il sistema attuale tende a proteggere di più i giocatori: hanno il toilet break, se ci sono 25 gradi chiedono di chiudere il tetto. Quando noialtri ci lamentavamo del meteo ci davano dei pussycat (femminucce ndr). Diciamo che sto bene con i miei sei Slam, me li tengo stretti»

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