De Rossi per Mourinho fa impallidire Ancelotti-Gattuso. Il metodo è lo stesso: si caccia il mostro sacro, si dimostra chi comanda e poi ci si rifugia nel populismo
Friedkin ci ricorda che il padrone è incompetente e arrogante ovunque, anche all’estero
Con l’esonero di Mourinho e l’ingaggio di Daniele De Rossi, noi napolisti ci sentiamo meno soli. Friedkin padre e figlio sono riusciti nell’impresa di superare il record di Aurelio De Laurentiis che cacciò Carlo Ancelotti per far posto a Rino Gattuso. Il dio del calcio si sta ancora sganasciando dalle risate: quando è giù di morale, si fa raccontare la storiella del Napoli e di Ancelotti. Ora ne avrà un’altra da ascoltare per i suoi momenti tristi.
Tu vuo’ fa’ l’americano
L’esonero di Mourinho ci porta a una riflessione sulle proprietà nel calcio. Su quelli che un tempo venivano definiti padroni. Il cui comportamento, tranne rarissime eccezioni, è pressoché omogeneo e ahinoi non varia con la latitudine. Ce ne stiamo accorgendo in Serie A dove il fiorire di proprietà straniere, in particolare statunitensi, non ha inciso minimamente sulla governance della Serie A. Anzi, si sono rapidamente uniformati alla cosiddetta mentalità italiana. Basta guardare quel che sta accadendo a Firenze con lo stadio, con Commisso che fa finta di non sapere dei lavori di ristrutturazione che impegneranno il “Franchi” per due anni, schiera i tifosi contro il sindaco Nardella, e non vuole partecipare alla riqualificazione di alcun impianto per i due anni in cui lo stadio sarà inagibile. Commisso è solo un esempio. Neanche il peggiore considerato quel che fin qui ha realizzato a Firenze, su tutto il centro sportivo.
Friedkin si è tolto i paccheri dalla faccia
Torniamo al caso Mourinho. I Friedkin non hanno retto il confronto. Sotto molti punti di vista. Non hanno retto un allenatore che è anche un inarrivabile stratega della comunicazione e che a ogni domanda faceva intendere che col materiale a disposizione di più non si poteva fare e che quelli della squadra erano miracoli ripetuti a ogni partita. A ogni dichiarazione Mourinho sbatteva in faccia ai Friedkin l’insufficienza della rosa. «Se Dybala non avesse avuto questi problemi fisici, non sarebbe venuto alla Roma» è uno dei tanti esempi.
Così come in passato, in particolar modo dopo la finale di Europa League, Mourinho ha sempre sottolineato le lacune politico-comunicative della società. Friedkin ne ha presi di schiaffi dal portoghese e alla fine ha voluto ricordare che il datore di lavoro è lui. È il momento in cui il padroncino ricorda i rapporti di forza. Quel che ci fa sorridere, però, è il passaggio successivo. Un passaggio tipico. Friedkin non ne fa una questione tecnico-tattica. Non prende un allenatore per indicare una direzione calcistica diversa. Per criticare il portoghese nel merito. No. Si rifugia nel populismo. Nell’unico nome che non avrebbe provocato un terremoto in una piazza che ha seguito Mourinho fino alla fine. Come peraltro fece Aurelio De Laurentiis che dopo Ancelotti si rifugiò in Gattuso tecnico che poteva essere facilmente venduto alla piazza sia come uno di loro sia come seguace del sarrismo. Al coraggio di far fuori un mostro sacro del calcio non fa seguito il coraggio di mostrare una visione del club.
È il modo del padrone per reagire a una presunta onta subita. È il “mo glielo faccio vedere io chi comanda”. Per dirla alla Jep Gambardella, assumere Ancelotti e Mourinho ti dà anche il potere di esonerarli, di illudersi di mostrare i rapporti di forza. Perché poi, come accaduto con Ancelotti che ha vinto la Champions con il Real Madrid e ha rinnovato fino al 2026, la storia ti travolge e ti rimette al tuo posto. È questa la sensazione che ci lascia l’esonero di Mourinho sostituito da De Rossi.
Il peso del derby
Poi ci sarebbe l’aspetto calcistico. A Napoli e in Italia è pieno di tifosi che considerano il portoghese un tecnico scarso. Succede. Viviamo tempi in cui siamo circondati da terrapiattisti, figuriamoci se non si possa discutere di Mourinho. Pensiamo che con la rosa a disposizione, abbia compiuto un’impresa nel vincere la Conference League e nell’arrivare in finale in Europa League.
Infine, non dimentichiamo un aspetto fondamentale in questa vicenda. Roma è sì caput mundi ma è soprattutto orgogliosamente provinciale, e i quattro derby (su sei) persi con la Lazio hanno pesato. L’ultimo, in Coppa Italia, più di tutti. Il derby è qualcosa che noi napoletani non possiamo comprendere. È come il Palio di Siena. È stata una mazzata. Il momento migliore per esonerare Mourinho. L’unico momento in cui ha vacillato il debordante consenso di cui ha goduto. Perché anche in questo i padroni sono tutti uguali: sono maledettamente gelosi quando la piazza non riconosce il loro valore, come se fossero appendici. Hanno anche le loro ragioni, ci mancherebbe. De Laurentiis ad esempio ne ha avuta tantissima visto il trattamento che ha subito per anni. I Friedkin a nostro avviso decisamente meno. Ma hanno voluto ricordare alla Roma giallorossa che la Roma sono loro e nessun altro. Nemmeno i mostri sacri del calcio.