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La lettera arrabbiata di Mazzola a Pozzo: «Lei è cieco, mica serve correre sempre per vincere»

Il Corsera ha pubblicato alcune lettere dell’«Archivio Vittorio Pozzo», donato nel 2009 all’Archivio di Stato di Torino dai figli dell’allenatore che guidò gli azzurri dal 1929 al 1948

La lettera arrabbiata di Mazzola a Pozzo: «Lei è cieco, mica serve correre sempre per vincere»

Il Corriere della Sera ha pubblicato oggi alcune lettere dell’«Archivio Vittorio Pozzo», quello donato nel 2009 all’Archivio di Stato di Torino dai figli dell’allenatore che guidò gli azzurri dal 1929 al 1948 ottenendo un palmarès ineguagliato nella storia del pallone. Parliamo dei mondiali 1934 e 1938, dei Giochi del 1936 e delle coppe Internazionali (gli Europei di allora) del 1930 e del 1935. Proprio da quelle carte, in parte pubblicate a luglio da La Lettura, era emerso il sorprendente ruolo del c.t. nella Resistenza lontano dal suo pur certo passato di fascista. In sintesi, uno «007» con la «rete Franchi» del liberale Edgardo Sogno, poi il sostegno ai prigionieri alleati e agli ebrei in fuga verso la Svizzera e in prima linea nella liberazione di Torino. Tra le tante lettere una di Mazzola

La lettera di Mazzola

Ecco quel che gli invia l’immenso Valentino Mazzola, poi perito con tutti gli altri granata a Superga. Il capitano è proprio piccato per una critica che Pozzo gli ha indirizzato sulla Stampa, il quotidiano dove il c.t. scriveva da sempre come prima firma del calcio. Valentino, che pure era uno dei «cocchi» del Commendatore, allarga le braccia: ma «possibile che lei non veda che io sono l’ultimo a morire malgrado i miei acciacchi?». Sono quattro pagine proprio arrabbiate: «Lei è cieco, non vede i miei passaggi da gol, mica vale correre sempre per vincere una partita…»”.

a lettera di Mario Gromo

Ma restiamo a Torino, anno 1955. Strepitoso ciò che Mario Gromo, coltissimo segretario di redazione della Stampa, invia al presidente della Lazio Costantino Tessarolo. I biancazzurri vorrebbero Pozzo per un incarico dirigenziale. Gli consentirebbero di continuare a scrivere e sondano intanto Alfredo Frassati, il senatore a vita fondatore del giornale. Questi, chissà quanto interessato, gira la pratica all’inflessibile direttore Giulio De Benedetti, colosso del giornalismo italiano. La risposta di Gromo al laziale è tutta sabauda: «Ho parlato con De Benedetti, spiacente di dirle che La Stampa non può rinunciare a Pozzo», «l’incarico da voi proposto toglierebbe quell’indipendenza critico-tecnica tanto apprezzata da noi e dai nostri lettori»”.

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